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Grimaudo: “Cosa serve per far tornare la gente allo stadio? Ciccio Rocco”

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Intervista a Claudio Grimaudo, indimenticato terzino destro della Salernitana dell’era Rossilandia, ancora oggi ricordato con il soprannome di “Cavallo Pazzo”. 

“Cavallo Pazzo” Grimaudo, l’idolo di un’intera generazione di tifosi della Salernitana

Per i tifosi della Salernitana degli anni ’90, Claudio Grimaudo è il numero 2 per eccellenza. Capelli lunghi, fisico da guerriero e corsa da centometrista. Terzino destro di ruolo… ma con licenza di uccidere. In archivio, infatti, anche qualche gol da cineteca, entrato di diritto nella storia granata. Grimaudo è, ancora tutt’oggi, uno dei simboli dell’era più gloriosa della Salernitana. Giunto a Salerno nel ’92 dal Licata, già nel primo anno arrivò ad un passo dalla promozione in B con Sonzogni in panchina. Salto di categoria che sfumò nell’ultimo pareggio interno della stagione contro l’Acireale quando un altro pezzo di storia granata, Pietro Strada, fallì un calcio di rigore. Nella stagione successiva, contro ogni pronostico, arrivò la svolta. Tra gravi problemi economici, nonché di natura ambientale, il gruppo guidato dall’esordiente Delio Rossi raggiunse la promozione in B con una straordinaria cavalcata culminata con la finale play-off disputata al “San Paolo” contro la Juve Stabia, con oltre 20mila salernitani al seguito.

Emblematica, ed indimenticabile, la sua folle corsa a fine partita con tanto di capriole sotto la Curva B interamente colorata di granata. Un’esultanza che, di lì in poi, gli valse il soprannome di “Cavallo Pazzo” che porta ancora in dote con orgoglio. Claudio Grimaudo è un simbolo, un’icona di un calcio che non esiste più per attaccamento alla causa e per la passione verso quello che, fondamentalmente, resta uno dei “giochi” più belli al mondo. Un uomo vero, legato a Salerno e ai colori granata per osmosi. Un calciatore che, insieme al mister e ai compagni di squadra di quella inimitabile squadra del ’93-’94, ha scritto pagine indelebili della storia della Salernitana.

Raggiunto telefonicamente, gli abbiamo rivolto alcune domande sul difficile momento attraversato a causa dell’emergenza Coronavirus… con un nostalgico,  quasi doveroso tuffo nel passato.

Ciao Claudio. Innanzitutto, come stai vivendo questo difficile momento di “reclusione forzata”?

«La situazione è andata via via complicandosi e ci ha colti impreparati. Sicuramente anche per gli amanti dello sport, e del calcio in particolare, questo stop forzato rende le cose più difficili. Per fortuna ho una piccola palestra dentro casa e ho la possibilità di allenarmi. Quando non mi alleno, mi piace rivedere le mie partite del passato, oppure quelle del Geraci, squadra siciliana che alleno da quest’anno. Insomma, si continua a vivere sempre per il calcio, sperando che la situazione torni alla normalità quanto prima».

Secondo te, quest’emergenza quanto potrà influire in maniera negativa sul mondo del calcio?

«Economicamente influisce soprattutto sulle società che magari hanno speso tanti soldi per vincere i campionati. Ovviamente, con la mancanza di introiti, diventa difficile “rientrare”. I calciatori, comunque, avendo un contratto sono regolarmente pagati. Sinceramente, credo che il vero problema sia di chi lavora alla giornata per guadagnare la 50 o 60 euro al giorno. Gente che ha famiglia e che ora, ovviamente, è in grossa difficoltà e non sa se riuscirà a mettere il piatto a tavola ancora per molto. C’è molta paura in giro, purtroppo. Si può dire che, per fortuna loro, i calciatori sono privilegiati, su questo ed altri punti vista».

Cambiamo argomento. Ti aspettavi la Salernitana così in alto in classifica?

«Partiamo da un presupposto: la Serie B è un campionato strano dove può sempre accadere tutto e il contrario di tutto. La Salernitana segue la linea generale, nel senso che è una squadra altalenante. Vista la posizione di classifica attuale, comunque, credo possa ambire tranquillamente ai play-off, anche perchè, sinceramente, Benevento a parte non vedo squadre nettamente superiori. Può giocarsela con tutti, ora sta a loro. L’importante è non perdere punti in casa e tentare di strappare qualche risultato positivo anche in trasferta».

Da allenatore, quanto può essere determinante un tecnico come Gian Piero Ventura?

«Il suo apporto è certamente fondamentale. Ventura è un allenatore d’esperienza che ha sempre raggiunto ottimi risultati e che, inoltre, fa giocare bene le sue squadre, il che non guasta mai. Credo che l’attuale posizione di classifica sia soprattutto merito suo. Per lui Salerno è l’ultima occasione per chiudere in bellezza dopo la brutta parentesi Nazionale. L’importante è che la società lo lasci lavorare a modo suo, come magari non è stato concesso agli allenatori degli anni scorsi. La scelta di Ventura, a mio avviso, è il sinonimo di un cambio di rotta che spero arrivi il prima possibile. Comunque, a prescindere da ogni discorso, la Salernitana meriterebbe di fare i play-off già soltanto per il tifo».

Negli ultimi anni il tifo a Salerno, per una serie di vicissitudini, sta vivendo un periodo non propriamente positivo. Per te che hai vissuto gli anni d’oro del tifo granata, cosa ci vorrebbe per riaccendere la cosiddetta miccia della passione?

«Ciccio Rocco. Lui è l’emblema del vero tifo a Salerno. Un capo Ultrà che, con umità e passione, è riuscito a tenere unita una Curva intera per anni. Lo ha sempre fatto con intelligenza, instaurando anche un dialogo con noi calciatori fondato innanzitutto sul rispetto. Pensa che a volte ero io ad andarli a trovare nei club per scambiare due chiacchiere, anche quando le cose andavano male. Una volta gli ultras non pretendevano il risultato a tutti costi, volevano soltanto la maglia sudata a fine partita. Ti parlo di gente che a volte non mangiava per acquistare un biglietto, che ha fatto rinunce di ogni tipo pur di assistere ad una nostra partita. Diciamo che, come noi calciatori avevamo Breda, il leader dei tifosi era Ciccio Rocco. La Curva, per anni, ha sempre remato unita verso un’unica direzione. Oggi, purtroppo, non è più così. I tifosi, per una squadra di calcio, sono una componente fondamentale. Quando a volte si arrivava alla partita in non perfette condizioni fisiche, bastava mettere piede allo stadio per sentirsi rinati, e per fortuna di questo aspetto ne sono e ne sarò sempre testimone. I tifosi ti davano il cosiddetto ossigeno per vivere e, di conseguenza, per vincere le partite. Prima, anche se si sbagliava una gara, sentivamo sempre i tifosi vicini perchè sapevamo di aver dato tutto. Ricordo che una volta, non a caso, uscimmo da Verona, dopo aver preso quattro gol, tra gli applausi della nostra gente. In città c’è gente che vive letteralmente di calcio. Oggi, invece, non vedo più quella compattezza di un tempo, e sinceramente mi dispiace molto. Salerno è una grande piazza e merita il meglio».

A Salerno, tutt’oggi, la gente ti ricorda ancora con il soprannome di “Cavallo Pazzo”. Qual è il tuo ricordo più bello legato all’esperienza in maglia granata?

«Sono stati 7-8 anni intensi e bellissimi, ma forse quello che ricordo con maggiore affetto è l’anno della promozione in B del ’94. Quella stagione partì malissimo, con la società in difficoltà economiche e con la contestazione dei tifosi. Eravamo un gruppo di semisconosciuti che, tra l’altro, non prendevano una lira, ma che hanno dato tutto per quella maglia. I primi tempi allo stadio c’erano sì e no 5 o 6mila persone. La partita della svolta fu Salernitana-Avellino quando, davanti a oltre 20mila persone, vincemmo 2-1. In quell’occasione i tifosi iniziarono a capire che noi eravamo ragazzi che lottavanoo per la maglia e che giocavano col cuore. Da quel momento in poi nessuno diede più retta ai problemi societari, ma correva allo stadio solo per sostenerci. Momenti bellissimi che non potrei mai dimenticare».

Grazie Claudio. Ti va di mandare un saluto ai tifosi granata?

«I tifosi della Salernitana sono stati importanti per la mia carriera. Mando un forte abbraccio a tutti e spero che, al più presto, potremmo ritornare a sognare come facevamo una volta. Rimanete uniti… la Salernitana ha bisogno di voi».

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Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino, giornalista, editore e scrittore. Ha lavorato presso Cronache di Salerno, TuttoSalernitana, Granatissimi ed è direttore di SalernoSport24. Alla radio ha lavorato presso Radio Alfa, e attualmente conduce due programmi sportivi a RCS75 - Radio Castelluccio, Destinazione Sport e Destinazione Arechi. Ha pubblicato due libri: Angusti Corridoi (2012) con la casa editrice Ripostes, e La vita allo specchio - Introspettiva (2020) con la Saggese Editori, con prefazione dello scrittore Amleto de Silva.

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