Intervista a Francesco Favasuli, di Locri, attualmente in forze alla Cavese di mister Campilongo ed ex calciatore di Pisa, Salernitana e Juve Stabia.
Intervista a Francesco Favasuli
Debutta giovanissimo nel Locri in Serie D nell’anno 2001-2002 annata che gli ha regalato l’opportunità di firmare per l’Ascoli in Serie B dove in due anni disputa 17 gare siglando anche un gol. Da qui tante presenze con Teramo e Martina Franca fino al 2007, quando firma per la Cavese dove rimane fino al 2011. Dopo due anni con i metelliani va al Pisa; qui gioca per quattro stagioni diventando il capitano della squadra toscana. Nel 2014 passa alla Salernitana, con i granata è protagonista della vittoria del campionato di Serie C1.
Negli ultimi anni, dopo aver giocato con Juve Stabia e Vibonese, ritorna alla Cavese diventando la bandiera del club metelliano.
Favasuli: “Terminare i campionati per rispetto di chi non c’è più”
Con lui abbiamo parlato della situazione Coronavirus e del campionato della Cavese fino allo stop forzato. Infine abbiamo approfondito il discorso sul suo futuro, quando avrà appeso gli scarpini.
Cosa pensi della situazione Coronavirus? Nella difficile situazione che si è creata, stai riuscendo comunque ad allenarti?
«Il preparatore ci manda un programma di lavoro da svolgere e ci alleniamo sei giorni su sette. Purtroppo è tutto limitato anche se abbiamo un giardino o uno spazio dove poter lavorare. Per quanto riguarda il Coronavirus è una situazione difficile anche da spiegare. La speranza è quella di poter trovare un vaccino e far sì che con l’aiuto di Dio questa situazione possa finire. Se si dovesse riprendere non sarà facile visto che siamo fermi da due mesi. La soluzione più giusta per me è di non terminare i campionati per rispetto di chi c’è non più, di chi sta soffrendo e di chi come i medici stanno lavorando senza sosta. Capisco anche che ci sono tante situazioni in ballo sia economiche che sportive. Il calcio senza la gente non ha valore. Sull’aspetto sanitario bisogna avere le dovute tutele sia per noi calciatori, sia per coloro che girano intorno ai noi e agli addetti ai lavori. Mi piacerebbe ritornare a giocare oppure solamente vedere la Serie A ma se poi avremo un altro positivo non so quali potrebbero essere i provvedimenti. Per il bene di tutti l’ideale è ricominciare a settembre ma mi rendo conto anche della situazione del Benevento e della Reggina, quindi bisogna trovare un compromesso».
Com’è il tuo rapporto con Dio? Hai una fede molto forte tanto da essere vicino all’associazione “Atleti di Cristo, pur non facendone parte.
«Io sono un ragazzo che crede molto in Dio. Ho partecipato ad alcuni incontri degli atleti di Cristo ed è un gruppo molto bello, ma non sono un Atleta di Cristo. Sono un ragazzo normale che fa un determinato percorso di fede. Fui avvicinato alla fede da due fratelli: Marco Aurelio e Renato Bondi, che sono due ragazzi che giocavano con me circa venti anni fa ed anche da un altro ragazzo Maurizio Bedin. Grazie a loro ho conosciuto una comunità cattolica che frequento tutt’ora. A loro devo il mio percorso iniziato quasi quindici anni fa».
C’è tanta Serie C nella tua carriera. Oltre Cava de’ Tirreni, che posto occupa nel tuo cuore Salerno?
«Grazie a Dio dovunque ho giocato mi son trovato bene sia a livello umano che professionale. Sono stato a Pisa quattro anni dove sono stato anche capitano. Ne ho un ricordo molto bello. A Salerno ho trascorso un bellissimo anno dove abbiamo vinto il campionato di Serie C ed eravamo un grande gruppo. A Cava de’ Tirreni, invece, sono legato da valori che vanno oltre il calcio. Dal mio primo ciclo qui non è cambiato niente; io considero la Cavese come una famiglia. Ho trovato l’ambiente passionale di un tempo grazie ai ragazzi della curva e al resto delle persone che ci seguono. A Cava de’ Tirreni c’è un ambiente sano, familiare e pulito. Poi il resto è relativo».
Cosa pensi del campionato della Cavese fino allo stop forzato?
«Inizialmente non siamo partiti benissimo. Grazie a Dio le cose sono migliorate col tempo, comunque era un gruppo nuovo e ci voleva un po’ di tempo per amalgamarsi, sia tecnicamente che umanamente. Però nel girone di ritorno stavamo collezionando importanti risultati come contro le prime della classe».
Stai già pensando cosa farai una volta appese le scarpette al chiodo? Rimarrai nel calcio?
«Sinceramente non lo so. Qualche volta ci penso perché ho 36 anni ma non saprei al momento cosa fare. Fin quando Dio mi darà la salute e la Cavese l’opportunità di giocare, spero di continuare. Poi una volta che capirò che non ho più la forza di continuare, oppure un campionato nel quale giocherò di meno, allora penserò cosa mi potrà stimolare oltre il campo. La mia intenzione è quella di non rimanere nel mondo del calcio. Ma le dinamiche cambiano, vedremo quello succederà».