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Della Monica: “Agostino mi ha insegnato cosa vuol dire essere un calciatore”

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Intervista a Francesco Della Monica, ex centrocampista della Salernitana, protagonista della promozione in B del campionato 1989-’90.

“Ciccio” Della Monica, il Maradona della costiera amalfitana

Fisico brevilineo, capelli ricci e un sinistro magico, Francesco Della Monica, detto “Ciccio”, è stato un calciatore a dir poco eccezionale che, senza dubbio, nella sua carriera ha raccolto molto meno rispetto alle enormi potenzialità. Nativo di Vietri sul Mare, cresce nelle giovanili della Juventus che, nel ’77, lo gira in prestito per due anni alla Juniorcasale. Nel 1979, poi, passa a titolo definitivo all’Avellino, che lo cede subito alla Cavese, in Serie C1. L’anno successivo, passa per un anno allo Spezia e, in seguito, per due stagioni al Forlì, sempre in terza serie. Nel 1983 si trasferisce alla Cremonese, dove contribuisce alla promozione in massima serie dei lombardi. All’inizio della stagione seguente disputa 4 partite in Serie A con i grigiorossi, prima di trasferirsi all’Empoli nell’ottobre 1984. Con i toscani, dopo due stagioni in Serie B, conquista nuovamente, la promozione in A nella stagione ’85-’86 .

Della Monica, finalmente, disputa due campionati in massima serie con la maglia azzurra. Nel primo segna un gol (contro la Roma) in 26 incontri, mentre l’anno successivo scende in campo in 12 occasioni. Nel 1988 passa al Brescia in serie cadetta, prima di trasferirsi al Messina nell’89 che, a sua volta, lo cede immediatamente alla Salernitana. Indimenticabile mezzala dell’11 granata guidato da Ansaloni, e con Agostino Di Bartolomei in campo, conquista la Serie B nel ’90. Una promozione che, a Salerno, mancava da ben 24 anni. Successivamente, chiude la carriera in C2, prima al Francavilla e, infine, alla Turris.

Intervistato dalla nostra redazione, Della Monica ha ricordato i momenti più significativi della sua esperienza in maglia granata, con uno sguardo al presente, sempre più incerto, a causa dell’emergenza da Coronavirus.

Salve Francesco. Innanzitutto, come sta vivendo questo difficile momento di “reclusione forzata”?

«Un po’ come tutti gli italiani. Sicuramente è una situazione abbastanza particolare, ma tutto sta nell’organizzarsi. A prescindere, occorre rimanere in casa per far sì che il virus non si propaghi ulteriormente. Purtroppo, questo è l’unico modo per tentare di sconfiggerlo e per tornare alla vita di sempre».

Ovviamente, anche il calcio è fermo in attesa di sviluppi positivi. Crede sia giusto ricominciare a giocare, oppure annullare tutte le competizioni?

«In ogni caso, qualunque sarà la scelta, ci saranno dei problemi enormi. Mi auguro che si possa riprendere, anche se credo che lo si possa fare, inizialmente, solo a porte chiuse. Purtroppo, la pandemia ha portato, e continuerà a portare con sè, grossi problemi economici. Se non si riusciranno a portare a termine i campionati, molte società vivranno un vero e proprio dramma. Secondo il mio parere, credo sia giusto terminare la stagione, anche se è una situazione che è tutta in divenire. Putroppo alcune persone continuano ad uscire senza validi motivi, infischiandosene dei decreti e, innanzitutto, del senso civico che si dovrebbe avere in situazioni gravi come questa. Spero possa andare tutto per il meglio e, soprattutto, al più presto».

Cambiamo argomento. Come giudica il campionato della Salernitana fino allo stop forzato?

«Il campionato della Salernitana è piuttosto in linea con quelli degli anni scorsi. Vive in una sorta di terra di mezzo costante, anche se nelle ultime gare sembrava aver agganciato il treno play-off in maniera più convincente. Salerno è una città straordinaria, con un pubblico fantastico, e credo meriti una squadra che sia competitiva ogni anno. Ovviamente, non conosco i programmi societari, quindi non posso sapere cosa abbia in mente Claudio Lotito per la Salernitana. Sicuramente è un grande imprenditore, ma io da tifoso della Salernitana mi aspetto che, ogni anno, la squadra possa far divertire e, quantomeno, competere fino all’ultimo per raggiungere traguardi importanti che, obiettivamente, meriterebbe ampiamente».

Facciamo un tuffo nel passato. Lei fu uno dei protagonisti della promozione in B del ‘90 .Che ricordo ha di quella stagione?

«Vincere a Salerno, nella mia città, mi ha regalato delle emozioni indescrivibili. Nella mia carriera avevo già vinto ad Empoli e Cremona, ma le gioie non possono essere in alcun modo paragonabili. Tra l’altro, conquistammo una categoria che mancava da 24 anni, e quindi la soddisfazione fu ancora maggiore. Eravamo un gruppo molto affiatato e compatto, con cui ho ancora modo di sentirmi tramite un gruppo WhatsApp. Speriamo di poter ritornare presto in Serie A, magari con un gruppo di calciatori simile al nostro del ’90».

Qual è, invece, il ricordo di Agostino Di Bartolomei? Può ricordarci un aneddoto particolare legato alla sua figura?

«Agostino non era molto loquace, ma era un uomo, prima che calciatore, di una professionalità inaudita. Era il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andare via, nonostante i tanti anni di calcio e la stanchezza che sicuramente si portava dietro. Era uno di quelli che teneva in piedi un gruppo da solo. Un classico uomo spogliatoio come non se ne vedono più in giro. A 30 anni suonati, mi ha insegnato cosa voleva dire essere un calciatore. La cosa di Agostino che mi ha sempre impressionato era la sua saggezza. Un uomo di poche parole, ma che erano delle vere e proprie sentenze. Non parlava quasi mai, ma quando lo faceva, risolveva ogni dubbio. Sono sempre stato molto affezionato a lui. Approfitto di questa occasione per mandargli un bacio lassù…».

Peppino Soglia e Claudio Lotito, due personalità completamente agli antipodi. Il primo è ancora oggi ricordato con affetto dalla tifoseria granata, mentre il secondo, attualmente, è inviso a buona parte dei supporter cosiddetti “caldi”. Quali sono, secondo lei, le differenze sostanziali tra i due?

«Soglia era, innanzitutto, uno stratifoso della Salernitana prima che un presidente. Un uomo passionale, che non perdeva mai occasione per spronarci costantemente. Era sempre con noi e, tra l’altro, ci elargiva spesso dei premi per spingerci a dare sempre quel qualcosa in più che, alla fine, ha fatto la differenza. Lo sentivamo molto vicino. Lotito è un grande imprenditore e uomo di calcio, ma certamente ha un carattere completamente diverso da Soglia, su questo non c’è dubbio. Un uomo che, probabilmente, preferisce far valere il suo lato imprenditoriale piuttosto che quello umano».

Lei oggi è un procuratore. Per anni, tra l’altro, ha curato gli interessi di Lorenzo Insigne. A suo parere, nella sua scuderia, c’è un prospetto interessante che potrebbe farsi conoscere dal grande calcio?

«C’è da fare una premessa: di ragazzi interessanti in giro ce ne sono tantissimi, ma per arrivare a certi livelli c’è bisogno di quel qualcosa in più che non tutti hanno. Uno che, a mio parere, riuscirà a sbocciare sarà D’Agostino. E’ un classe 2003, già sotto contratto col Napoli. A mio parere, ha delle qualità immense. Se continuerà su questa strada, certamente potrà farsi valere nel prossimo futuro».

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Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino, giornalista, editore e scrittore. Ha lavorato presso Cronache di Salerno, TuttoSalernitana, Granatissimi ed è direttore di SalernoSport24. Alla radio ha lavorato presso Radio Alfa, e attualmente conduce due programmi sportivi a RCS75 - Radio Castelluccio, Destinazione Sport e Destinazione Arechi. Ha pubblicato due libri: Angusti Corridoi (2012) con la casa editrice Ripostes, e La vita allo specchio - Introspettiva (2020) con la Saggese Editori, con prefazione dello scrittore Amleto de Silva.

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