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Delio Rossi: “Tornare a Salerno? Non vedo perché no”

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Intervista al “Profeta” Delio Rossi, indimenticato allenatore della Salernitana delle meraviglie dei gloriosi anni ’90. Un tecnico che, insieme ai suoi ragazzi, ha segnato un’epoca della storia centenaria dei granata.

Delio Rossi e Salerno… un amore senza fine

Per i ragazzi salernitani nati intorno alla metà degli anni ’80, la poesia più bella è quella che recita: Chimenti, Grimaudo, Tosto, Breda, Circati, Fresi, Ricchetti, Tudisco, Pisano, Strada, De Silvestro. Poesia ripetuta a terzine, a mò di cantilena, come si faceva una volta quando il calcio era più genuino e meno show business. Per i ragazzi di Salerno, quella poesia è semplicemente la formazione della Salernitana che li ha fatti innamorare del gioco del calcio. Eppure, quella che diventò una delle favole più belle della storia del calcio salernitano, partì quasi come un incubo. Quando nell’Estate del 1993 la guida della squadra, arrivata quinta la stagione precedente, fu assegnata ad un tecnico di appena 33 anni, le polemiche e le contestazioni non si fecero attendere. Un tecnico giunto a Salerno con la classica valigia dei sogni… e poco altro. Nessuno poteva immaginare che, di lì a poco, sarebbe diventato “il Profeta”. Nessuno avrebbe potuto immaginare che, Delio Rossi, sarebbe passato alla storia come il tecnico più vincente della storia della Salernitana. Una squadra che, con il suo calcio champagne, ha fatto parlare di sè l’Italia calcistica… e non solo.

Dopo quella stagione, culminata con la promozione in B con l’epica vittoria al San Paolo di Napoli contro la Juve Stabia, Delio Rossi, metaforicamente, non è mai andato via da Salerno. Nemmeno dopo il fugace ritorno al Foggia nel ’95 e la stagione a Pescara del ’96, negli anni che hanno preceduto il secondo, storico traguardo raggiunto nel ’98 con la promozione in massima serie, a 50 anni di distanza dalla prima ed ultima volta. Delio Rossi, a Salerno, è un vero e proprio guru, un simbolo di successo, abbinato al calcio spettacolo, pressoché irripetibile.

Come annunciato dagli organi preposti, la ripresa degli allenamenti collettivi è prevista per il 18 maggio. Secondo lei, è giusto o meno concludere i campionati?

«Siamo di fronte a qualcosa di impronosticabile, da cui nessuno sa come uscirne. Si fa fatica a dire se sia giusto o meno, anche se prima o poi bisognerà ricominciare. Se si dovesse ripartire, certamente sarà un calcio diverso da quello che siamo abituati a vedere. Ora come ora, si può solo prendere tempo. Onestamente credo che non ci siano tutte le condizioni per andare avanti, fermo restando che, in ogni caso, bisognerà ripartire da dove si è fermati. Si tratta di una situazione spinosa, in cui vige l’incertezza. Difficile, ripeto, stabilire cosa sia più o meno giusto fare. L’importante è usare buon senso… come per tutte le cose».

Sta seguendo la Salernitana? Ammesso che dovesse riprendere il campionato, crede possa ambire a traguardi importanti?

«Certo, seguo tutti i campionati e anche quello della Salernitana. Credo che i granata abbiano tutte le carte in regola per puntare in alto. Oltre all’ambiente, che so quanto può incidere, ha una buona proprietà e un buon allenatore. Può raggiungere tranquillamente i play-off e giocarsela con tutti fino alla fine».

Lei, insieme ai suoi ragazzi, ha scritto pagine indelebili della storia del calcio salernitano. I tifosi non l’hanno mai dimenticata…

«Sono contento di questo. Salerno ha rappresentato una tappa importante della mia vita calcistica e umana. Tuttora ho molti amici e sono a conoscenza dell’affetto che c’è nei miei confronti. Un affetto che è, senza dubbio, reciproco. Fa piacere anche perché, al di là dei risultati raggiunti (e con una certa maniera), significa che il mio lavoro è stato apprezzato».

C’è un aneddoto, legato alla sua esperienza a Salerno, che ricorda con particolare affetto?

«Ce ne sono tantissimi, difficile ricordarne uno in particolare. Sicuramente, sono molto legato alla mia prima esperienza, quella del ’93. Arrivai a Salerno tra mille difficoltà e mille dubbi nei miei confronti, non per il mio lavoro, ma per ciò che rappresentavo in quel momento. Quella promozione, consapevoli che se non avessimo vinto il campionato la Salernitana sarebbe sparita, fu allo stesso tempo inattesa e spettacolare. Un successo raggiunto con un gruppo di ragazzi a cui, tuttora, sono molto legato. Prima che di calciatori, quello era un gruppo di uomini veri».

Lei, di fatti, a più riprese, ha rivelato di essere legato maggiormente al gruppo che raggiunse la B che a quello che conquistò la massima serie…

«Sono ancora in contatto con Grimaudo, Pisano, Tudisco, Breda, Ricchetti, Circati, Fresi, Chimenti, lo stesso Genovese e tanti, tanti altri. Senza dubbio, a parte qualcuno, quelli che hanno vinto il campionato di B avevano più talento, però, c’è da dire che quell’anno facemmo un vero e proprio miracolo raggiungendo la B. Non tanto dal punto di vista tecnico, bensì da quello umano, perché erano davvero tutti ragazzi eccezionali».

Quali sono i suoi progetti futuri?

«Di continuare a fare il mio mestiere. Se mi verrà data la possibilità, voglio continuare ad allenare per dare una mano a chi me lo chiederà. Questo può succedere in A, in B, in C, in Italia o all’estero, per me non fa alcuna differenza».

Potremmo rivederla, un giorno, sulla panchina della Salernitana?

«Nella mia carriera, spesso e volentieri, sono ritornato dove avevo già allenato, a maggior ragione dove ho un buon ricordo e so di essere stimato. Non vedo, a questo punto, perché non potrebbe succedere».

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Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino, giornalista, editore e scrittore. Ha lavorato presso Le Cronache, TuttoSalernitana, Granatissimi e SalernoinWeb ed è direttore di SalernoSport24. Alla radio ha lavorato presso Radio Alfa e RCS75 e attualmente è corrispondete di Radio Punto Nuovo per lo Sport salernitano. Ha pubblicato due libri: Angusti Corridoi (2012) con la casa editrice Ripostes, e La vita allo specchio - Introspettiva (2020) con la Saggese Editori, con prefazione dello scrittore Amleto de Silva.
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