venerdì 03 05 24
spot_img
HomeEsclusiveAlessandro Del Grosso: "A Salerno ho capito cosa vuol dire essere tifosi"
spot_img

Alessandro Del Grosso: “A Salerno ho capito cosa vuol dire essere tifosi”

spot_imgspot_img

Intervista ad Alessandro Del Grosso, ex difensore della Salernitana negli “anni d’oro” della squadra del Cavalluccio. Ex terzino, ora allenatore, rimasto legatissimo ai colori granata e che, ancora oggi, è sempre molto apprezzato dai supporter granata.

Alessandro Del Grosso e la Salernitana… un amore a prima vista

Quando si pensa alla stagione della Salernitana in Serie A del ’98-’99, tra i tanti ricordi più o meno nitidi, uno di quelli che certamente balza alla mente è il gol di Alessandro Del Grosso contro il Milan al “Meazza”. Una rete, seppur vanificata dalla rimonta rossonera, che fece letteralmente impazzire di gioia il cuore dei supporter granata giunti in massa all’impianto sportivo meneghino. Una gioia condivisa con le altre migliaia di tifosi incollati agli schermi dell’allora Telepiù, quando il bolide dell’ex numero 2 granata si insaccò alle spalle di un incredulo Abbiati. Alessandro Del Grosso, per i tifosi granata, non potrà mai essere un calciatore come tanti semplicemente transitati all’ombra dell’Arechi.

Giunto a Salerno nell’ormai lontano ’97 dall’Avezzano, si ritrovò catapultato in una realtà completamente nuova. Una realtà che lui, da professionista serio e uomo passionale, è sempre riuscito ad affrontare ed onorare al meglio. Si può tranquillamente dire che Alessandro Del Grosso è stato, e sempre sarà, uno dei punti cardini della gloriosa storia recente della Salernitana. Con lui in campo, prima una “folle” salvezza ottenuta grazie al gol del compianto Philemon Masinga e la seconda, storica promozione in A l’anno successivo. Presente anche nell’unico, beffardo anno di massima serie culminato col triste epilogo di Piacenza che, ancora oggi, grida vendetta.

In questo periodo di quarantena a causa dell’ormai altra, tristemente nota emergenza da Coronavirus, lo abbiamo contattato per scoprire come sta affrontando il delicato momento… facendo anche un emozionato e passionale (come si evince dalle sue parole) tuffo nel passato.

Ciao Alessandro. Innanzitutto, come stai vivendo, da ex atleta, questo difficile momento di “reclusione” forzata?

«Un po’ come tutti, sto rispettando le regole imposte dal Governo sia per me, ma soprattutto per la mia famiglia. Purtroppo questo virus attacca le vie respiratorie, dunque le persone anziane sono i soggetti più a rischio. Passo il tempo in casa cercando di imparare a cucinare e, appena posso, scendo giù in giardino per giocare a basket o a calcio-tennis. Il richiamo dello sport, per noi ex atleti, è sempre molto forte».

Secondo te, in vista di un’eventuale ripresa dei campionati, quanto potrà incidere sui calciatori questo periodo di inattività?

«Credo possa incidere molto. In questo periodo sicuramente ci si è rilassati e quasi distaccati da un mondo dove, gioco forza, sei abituato a starci 11 mesi all’anno. E’ un periodo che non può essere paragonato all’estate, in quanto il calciatore è già, in qualche modo, mentalizzato, mentre in questo caso si tratta di un riposo cosiddetto forzato, e ho paura che qualcuno possa risentirne. Spero che non accada perché, altrimenti, vorrebbe dire che i calciatori non si sono presi cura del proprio corpo».

Cambiamo argomento. Stai seguendo la Salernitana? Ti aspettavi potesse lottare per i play-off?

«Sì, me lo aspettavo. In realtà, lo dissi anche la scorsa estate che, se determinati fattori si fossero uniti, avrebbe potuto far bene. Credo che, inoltre, il gruppo si sia stretto intorno all’allenatore e, grazie anche a qualche risultato ottenuto non proprio meritatamente, hanno intrapreso la giusta strada».

A tuo parere, sempre ammesso che si ritorni a giocare, che ruolo può recitare la Salernitana nell’attuale campionato di Serie B?

«Per come l’ho vista, credo che la Salernitana possa essere la mina vagante del campionato. Al contempo, però, alterna ottime prestazioni ad altre molto meno brillanti. Ogni qualvolta è chiamata al salto decisivo, purtroppo, fallisce. Credo che il ruolo possa determinarsi col passare delle giornate e, ovviamente, dai risultati che verranno. Certamente, però, penso che possa tranquillamente rientrare nella griglia play-off».

Negli ultimi anni la spaccatura tra la società e l’ambiente si è fatta sempre più netta. L’allontanamento dei tifosi dall’Arechi sembra, ormai, tristemente progressivo. Per te che hai vissuto gli anni d’oro del tifo granata, cosa ci vorrebbe per riaccendere la cosiddetta miccia della passione?

«L’allontanamento, a mio parere, è dovuto sia alla spaccatura con la società e sia alla mancanza di veri punti di riferimento all’interno della tifoseria. Ieri, tra l’altro, ho saputo che è venuto a mancare un altro dei supporter storici, Orazio D’Orso, e sono sinceramente molto dispiaciuto. Comunque ora, purtroppo, la mentalità è cambiata. Il ragazzo, oltre a fare il tifo, vuole vedere bel calcio e risultati e, soprattutto, ha la critica facile. Prima, invece, ciò che contava realmente era l’impegno per la Salernitana, il resto era quasi superfluo. Credo che, comunque, con due o tre vittorie consecutive bisognerebbe chiamare i carabinieri per non farceli andare allo stadio, altroché. Basterebbe veramente poco. E’ un tifo che dà e toglie tanto allo stesso tempo. Per giocare all’Arechi ci vogliono gli attributi. Per la Salernitana bisogna combattere ed affrontare i momenti difficili con serietà e passione. Il tifoso se ne accorge e, al 100%, ti dà una mano a venirne fuori. Appena sono arrivato a Salerno c’erano i vari Pisano, Grimaudo, Tudisco ed altri calciatori storici che, fin dal primo giorno, mi hanno sempre detto che i due fattori fondamentali erano l’impegno e la serietà. Noi vivevamo la città e se, ad esempio, c’era da discutere con un tifoso lo facevamo senza problemi perché c’era rispetto. Noi sapevamo i tifosi cos’erano e cosa volevano. Oggi, invece, alla prima difficoltà di qualunque natura, i calciatori chiedono di andar via e sono poco interessati a ciò che succede fuori dal campo».

Ora, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, sei diventato allenatore. Quali sono i tuoi progetti futuri?

«Ora sono in attesa. Negli ultimi quattro anni ho vinto tre campionati a Lanciano, una Coppa Italia e una Supercoppa e, in più, ho ottenuto anche il record di gol fatti e subiti. Quest’anno, pensando di avere alle spalle una società seria, ho scelto Sora ma, dopo aver incontrato qualche problema di troppo, sono andato via dopo due mesi. Spero di tornare in corsa al più presto».

Grazie Alessandro. Ti va di mandare un saluto al popolo granata?

«Saluto tutti con enorme e immutato affetto. Voglio anche mandare un abbraccio alle famiglie degli Ultras, purtroppo, scomparsi prematuramente negli ultimi anni e a cui ero profondamente legato. La loro mentalità mi è piaciuta fin dal primo giorno in cui ho messo piede a Salerno. Spero, al più presto, di assistere ad una partita della Salernitana all’Arechi».

 

spot_img
spot_img
spot_img
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino, giornalista, editore e scrittore. Ha lavorato presso Cronache di Salerno, TuttoSalernitana, Granatissimi ed è direttore di SalernoSport24. Alla radio ha lavorato presso Radio Alfa, e attualmente conduce due programmi sportivi a RCS75 - Radio Castelluccio, Destinazione Sport e Destinazione Arechi. Ha pubblicato due libri: Angusti Corridoi (2012) con la casa editrice Ripostes, e La vita allo specchio - Introspettiva (2020) con la Saggese Editori, con prefazione dello scrittore Amleto de Silva.

Notizie popolari