Intervista a Salvatore Russo, salernitano doc del quartiere Pastena, ex capitano della Salernitana che raggiunse la promozione in B nella stagione 2007-2008.
Intervista al salernitano doc “Sasà” Russo
Cresciuto nelle giovanili del Napoli, nell’1989 viene ceduto in prestito alla Fidelis Andria, squadra in cui colleziona una solapresenza. Di lì, un lungo girovagare in Campania: Ischia Isolaverde, Boys Caivanese, Battipagliese e Nocerina. Nel gennaio 2000, poi, la svolta. Viene ceduto all’Ancona dove, nella stessa stagione, ottiene la promozione in Serie B con la fascia di capitano al braccio. Il 1º settembre 2003, sempre con la squadra biancorossa, esordisce in Serie A contro il Milan, in un incontro terminato 2-0 per i rossoneri.
A gennaio decide di scendere di categoria pur di giocare nella Salernitana, la squadra della sua città, collezionando 15 presenze. In estate, poi, viene ceduto alla Ternana, dove rimarrà per 2 stagioni. Nel 2007 ritorna alla Salernitana, contribuendo prima a salvare la squadra granata e, nelle due stagioni successive, a riportarla in Serie B e ad agguantare poi una salvezza nella serie cadetta. Nel 2011, con l’esclusione della Salernitana dai campionati professionistici, decide di accordarsi con la Paganese. Un sodalizio che, però, si conclude dopo appena sei mesi, e che mette fine anche alla carriera di calciatore del vecchio “Sasà”.
Intervistato dalla nostra redazione, ha espresso la sua in merito al difficile momento causato dall’emergenza da Coronavirus... con un doveroso tuffo nel passato.
Salve “Sasà”. Innanzitutto, come sta vivendo questo difficile momento di “reclusione forzata”?
«Purtroppo, come tutti, con grande dispiacere. Si tratta di un momento molto particolare in cui ognuno di noi deve fare la propria parte rimanendo quanto più possibile a casa».
Per lei che è un salernitano doc che vive nel quartiere Pastena, a suo parere i cittadini come stanno rispondendo alle misure restrittive imposte dal governo?
«Con maturità e intelligenza. In giro si vede pochissima gente, anche se si può fare sempre meglio. Bisogna evitare qualsiasi contatto e forma di assembramento anche quando si esce per necessità. Comunque devo dire che, quando mi capita di uscire per soddisfare i miei bisogni primari, per fortuna vengono mantenute le giuste distanze».
Ovviamente anche il calcio è fermo in attesa di sviluppi positivi. Secondo lei sarebbe giusto portare a termine la stagione oppure annullarla?
«Questo lo decideranno gli organi preposti, l’importante è venir fuori da questa situazione. Il calcio, che è comunque lo sport più bello perchè è il gioco innanzitutto dei bambini, in questo momento va messo da parte. L’obiettivo primario è sconfiggere la pandemia. Certamente il calcio dà sollievo a tantissime persone, ma attualmente occore pensare a cose ben più importanti».
Come giudica il campionato della Salernitana fino alla sosta?
«La Salernitana sta facendo un campionato discreto, sebbene caratterizzato da troppi alti e bassi. Nelle ultime gare sembrava aver trovato la quadra raggiungendo stabilmente la zona play-off. Credo e spero che, se si dovesse riprendere a giocare, la Salernitana possa raggiungere tranquillamente gli spareggi promozione anche e soprattutto grazie al suo pubblico. Sono sicuro che i tifosi si ricompatteranno attorno alla squadra dando la solita spinta decisiva».
Quanto è difficile, per un salernitano purosangue, indossare la maglia della Salernitana?
«Per me, aver indossato la maglia della Salernitana, è stato come aver realizzato un sogno che avevo fin da bambino. Per me è stata una grande responsabilità e, allo stesso tempo, un grande onore giocare per i colori granata e per la gente di Salerno. Ribadisco il concetto già espresso prima: i tifosi della Salernitana sono speciali e sono sicuro che, quando riprenderà il campionato, saranno come sempre il dodicesimo uomo in campo».