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Salernitana, razzismo e Nazionale: l’intervista a Ricky Buscaglia

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In occasione dello sprint finale del campionato in corso, è intervenuto ai nostri microfoni Ricky Buscaglia: ecco le sue dichiarazioni.

L’intervista a Ricky Buscaglia

Nato nel 1973, a Lecco, Ricky Buscaglia inizia la propria carriera nel 2003, ad AliceRossoTV. Successivamente, comincia una scalata che lo porterà a lavorare nelle maggiori emittenti televisive nazionali e non, come Eurosport, Mediaset e DAZN (dove lavora tutt’ora). Negli ultimi anni, la sua voce è stata la colonna sonora di eventi memorabili, come partite europee e gare dei Mondiali russi del 2018.


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È evidente che in casa Salernitana siano stati commessi degli errori importanti già prima dell’inizio della stagione. Quali, secondo lei, hanno maggiormente penalizzato la squadra?

«In una stagione così negativa non si può addossare la colpa ad un solo elemento o ad una sola persona. Credo che la stagione della Salernitana si apra con Dia che non viene ceduto. Mi sembra evidente che molto passasse da quell’operazione: lui è rimasto, ma non ha reso come ci si aspettava. Credo che ci sia stato anche un distacco tra i calciatori arrivati dal mercato e il parere dell’allenatore. Poi, non sono andati via elementi qualsiasi. Detto questo, il rendimento della Salernitana è veramente basso rispetto al suo potenziale; per questo, lo sguardo non può volgersi soltanto in tribuna o in panchina o in campo».

Crede che a Iervolino convenga mettere in vendita la società in questo momento? Oppure sta solo cercando di scuotere o spaventare la piazza?

«Qui alzo le mani: non ho proprio idea di quali siano le sue intenzioni. Onestamente, non sono nessuno per dire se stia facendo bene o meno: io osservo, attendo e nient’altro. Aspetto l’evolversi della situazione insomma».

Nelle zone basse della classifica la battaglia è diventata durissima: chi retrocederà?

«Impossibile da dire, perché quando dai per spacciato l’Empoli arriva Nicola, fa risultati, sembra salvo e poi torna sotto. Tutti davamo salvo il Frosinone e in questo momento è sotto, tutti davamo salvo il Sassuolo e adesso è lì. Davamo per spacciato il Verona e si è ritirato fuori. Quante volte abbiamo dato per spacciato il Cagliari e Ranieri ha sorpreso tutti, Per non parlare, poi, del Lecce. È evidente chi siano le partecipanti alla lotta salvezza (questo sì), e sono un numero decisamente superiore a quello che si potesse credere. Detto questo, è una corsa molto appassionante, nella quale ognuno mette la propria strategia, la propria qualità e i propri difetti: secondo me si arriva alla giornata 38».

Tutti questi problemi legali che stanno colpendo le grandi società italiane denotano un peggioramento nella gestione aziendale oppure c’è un’altra spiegazione?

«Sinceramente non credo che sia una questione di cattiva gestione: la giustizia fa le proprie indagini e, se ci sono situazioni negative, trae le proprie conclusioni. Poi, se parliamo di chiacchiericcio, quello c’è sempre stato: ci sono stati anni in cui erano chiacchierate le società romane o le milanesi, c’è stato il momento di Calciopoli. Poi la giustizia ha fatto il suo corso. Insomma, non mi sembra un periodo storico così diverso da tanti altri».

Riguardo al problema del razzismo nello sport, crede che siamo sulla strada giusta per arrivare ad una risoluzione di questa situazione insostenibile?

«Tutte le volte in cui ci sono episodi di razzismo mi cadono le braccia, perché siamo nel 2024: è un fattore anacronistico, di profonda ignoranza. Secondo me, non ci si rende conto che determinate espressioni e determinate frasi dovrebbero essere completamente cancellate dal nostro vocabolario. Fine. Su questo io sono per la tolleranza zero: chi non lo capisse dovrebbe farsi da parte. Sul caso Acerbi-Jesus nulla è chiarito, è ancora tutto da valutare, ma di episodi di razzismo ne abbiamo avuti tanti, basti pensare a ciò che successe a Maignan a Udine. Ma basta, dai. Ma nel 2024? Ancora? Guarda che quelli fuori dalla storia sono loro, non noi».

Crede che i provvedimenti adottati da Spalletti in Nazionale in materia di cellulari e videogiochi possano far nascere qualche tipo di tensione con i calciatori più giovani?

«Penso che la finalità di Spalletti sia quella di cementare il gruppo. C’è stata tutta un’epoca storica in cui i videogames non c’erano e ad essere ostracizzate erano le carte da gioco. È evidente che ogni possibile elemento di distrazione abbia la propria fase storica e che debba essere monitorato. Spalletti ha capito perfettamente che, se vogliamo avere una possibilità di riconfermarci campioni d’Europa, dobbiamo avere una squadra compatta e un gioco molto simile ad un club. Il talento (mi dispiace) ma non lo abbiamo: non abbiamo i Bellingham e i Mbappe, quindi dobbiamo puntare su altro. Se Spalletti fa giocare la Nazionale come una delle sue squadre di club abbiamo qualche chance».

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