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Walter Lopez: “Salernitana? A commentare a cose fatte siamo tutti più bravi”

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In occasione del match di campionato tra Salernitana e Lecce, è intervenuto ai nostri microfoni il doppio ex Walter Lopez. Ecco le sue dichiarazioni.

L’intervista a Walter Lopez

Dopo aver mosso i primi passi da calciatore in Uruguay, Walter Lopez si trasferisce in Europa nel 2007, a 22 anni, quando firma per lo Xerez. Torna in patria dopo pochi mesi e, dopo un breve passaggio in Messico, arriva in Inghilterra, al West Ham, che lo rimanda in Sudamerica dopo sole 8 presenze. Ma l’Europa è nel suo destino: nel luglio 2009 passa al Brescia, in Serie B, con la formula del prestito. Nella stagione successiva gioca nel campionato romeno (sempre in prestito), prima di fare ritorno in Uruguay, al Penarol.


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L’anno di svolta per Lopez è il 2013: passa a titolo gratuito al Lecce e, da questo momento in poi, giocherà in Italia fino alla fine della sua carriera (fatta eccezione per i pochi mesi trascorsi in Paraguay nel 2015). In Salento disputa due campionati di Lega Pro, prima di passare al Benevento. È proprio in Campania che centra l’unica promozione in A della propria carriera, senza, tuttavia, essere inserito nella rosa dell’anno successivo. Gioca un anno a La Spezia e sei mesi a Terni, prima di arrivare, nel gennaio 2019, a vestire la maglia della Salernitana. Viene ceduto alla Triestina (con la quale trascorre gli ultimi anni della propria carriera) nel corso del mercato invernale della stagione 2020-2021.

Ci racconta un po’ come si svolse la trattativa che la portò a Salerno?

«Ero alla Ternana ed avevo due anni di contratto. Dopo sei mesi giocati benissimo, mi chiamò il direttore Fabiani per portarmi a Salerno: in due giorni facemmo tutto, poiché c’erano già stati dei contatti in estate. Era una situazione difficile (simile a quella di oggi): eravamo in zona playout e, alla fine, li abbiamo giocati. E ci siamo salvati».

Nell’annata della promozione lei fu ceduto a gennaio: in quel momento s’intuiva già che sarebbe accaduto qualcosa d’importante a fine stagione?

«Mi sembra che quando andai via eravamo secondi in classifica e avevo giocato la maggior parte delle partite. Lasciai Salerno perché ero in scadenza e la Triestina mi fece un contratto più lungo. Non posso dirti che eravamo consapevoli di poter vincere il campionato, però la squadra era tosta e nessuno voleva giocare contro di noi. Eravamo diventati un gruppo fortissimo: i ragazzi hanno finito bene il lavoro».

Come commenta la gestione del mercato fatta dalla Salernitana nella stagione in corso?

«È troppo facile parlare dopo, però penso che la Salernitana abbia un organico importante, nonostante si trovi in questa situazione di difficoltà. E ti dico che sono ancora in tempo per salvarsi: quella con il Lecce sarà la partita decisiva. Potrebbe essere l’inizio della svolta o la fine di tutto, perché se perdesse si ritroverebbe ad una distanza troppo ampia per pensare di andare a riprendere la zona salvezza».

Pensa che Liverani avrebbe potuto dare di più se fosse stato ingaggiato prima?

«Ti ripeto la stessa risposta: a commentare a cose fatte siamo tutti più bravi. Certo, quando cambi allenatore in corsa cerchi quella scossa che non si riesce a trovare con il tecnico precedente. Diciamo che la Salernitana non l’ha ancora trovata, però, anche sfruttando il ritiro, si cercherà di migliorare la situazione. Con il Lecce si deve vincere».

Il Lecce la riportò in Europa nel 2013: crede che nelle due stagioni successive avreste meritato di più? Magari una promozione?

«L’unica finale persa nella mia carriera è proprio quella dei playoff col Lecce, ed è quella che mi brucia di più, anche perché tutt’ora abito a Lecce. Comunque, nonostante abbia partecipato ad altre promozioni, quella sfumata mi fa ancora male e penso proprio che l’avremmo meritata».

Quali sono le maggiori differenze che ha notato tra il calcio europeo e quello sudamericano?

«Nel calcio sudamericano si gioca più liberi, non ci sono tanti schemi: si gioca più “da potrero”, come diciamo noi. Il sudamericano impara la tattica quando viene a giocare in Europa, in particolare in Italia, perché il calcio italiano è molto tattico. Tantissimi sudamericani fanno la differenza qui perché sono più abituati a giocare l’uno contro uno. Io stesso, venendo da quella cultura, quando porto mio figlio a scuola calcio e sento che i bambini devono giocare a due tocchi, impazzisco, perché i ragazzini devono essere liberi».

Un pronostico per la partita di sabato?

«Sarà una guerra, ma è un 50 e 50, nonostante il Lecce arrivi alla partita in uno stato di forma – fisica e mentale – migliore. Anzi, in virtù di quest’ultima cosa, ti direi 60-40 per il Lecce».

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