Una settimana per ricucire le ferite del ko contro il Rev P5 Palermo, e proiettarsi subito con la testa al primo derby della stagione, in programma Domenica 8 Ottobre in casa del Fulgor Octajano. Abbiamo sentito a riguardo il nostro centrale difensivo Lisa Lanza, che ha espresso, ai nostri microfoni, la sua opinione sul momento della squadra:
“Meriti delle avversarie (indiscutibili) a parte, ritengo che la sconfitta di domenica sia stata più frustrante della precedente. E non per il passivo più ampio, ma perché eravamo davanti ai nostri tifosi (molto presenti e calorosi), in casa, su un campo che conosciamo alla perfezione e che è diventato d’un tratto suolo di insidie per noi stesse. Ho visto emergere le nostre pecche maggiori: mancanza di lucidità sotto porta, scarsa (se non assente) costruzione di gioco in fase offensiva, frenesia ingiustificata e poco orgoglio di squadra. Siamo partite col piede giusto, ma come al solito, appena il risultato ci ha viste in passivo, la partita ha preso una piega diversa. Troppi gol regalati per errori nostri e brave le avversarie ad approfittarne”.
Hai parlato di orgoglio, di atteggiamento passivo una volta subito il gol. Vi manca un po’ di fiducia o pensi che questo appannamento sia naturale e dovuto ai pochi minuti nelle gambe?
“Partendo dall’assunto che una condizione atletica ottimale sia fondamentale per affrontare un campionato con intesità, sento di dover fare questa precisazione: la società ci ha messo a disposizione un professionista esperto, quale il prof. Luigi Di Sarno, che sta curando la nostra preparazione atletica, a parer mio, nel migliore dei modi. Come naturale che sia, non si può pretendere alla seconda giornata di essere al top della forma. Questo però non è un alibi, perché in queste due prime partite abbiamo corso quanto le avversarie, se non di più. Il problema è che bisogna scendere in campo con la testa, più – ed oltre – che con le gambe. E dobbiamo essere coscienti di quello che siamo, trovare il giusto meccanismo e farlo scattare il prima possibile, perché questa squadra ha tanto da dare e questi primi risultati sono si, specchio delle prestazioni, ma non del nostro vero potenziale. Bisogna operare con l’arte squisitamente giapponese del kintsugi: far colare dell’oro nelle crepe e tirar fuori la nostra luce nascosta. Questo è lo spettacolo che meritiamo noi, la società e tutti coloro che ci seguono con passione”.
Domenica vi aspetta il primo derby contro il Fulgor Octajano: la partita giusta per invertire la rotta?
“Il derby, soprattutto dopo due sconfitte, può essere un punto di svolta importante. Si sa, queste partite hanno sempre un altro sapore, e noi siamo sature di emozioni positive e negative da dover tirar fuori. Abbiamo tanta voglia di far bene, perché conosciamo il valore delle avversarie, ma sappiamo anche cosa siamo noi e cosa stiamo costruendo di settimana in settimana. Li ci aspetta una “guerra” agosnistica, e siamo pronte a scendere in campo per dare tutto: ogni centimetro dovrà sentire il peso della nostra voglia di rivalsa e lotteremo per trovare la feritoia di cui abbiamo bisogno per conquistare i primi tre punti”.
Nello scorso campionato sei stata molto sfortunata a livello di infortuni, quest’anno hai iniziato con un altro passo e hai acquisito più consapevolezza. Che obiettivi ti poni in quella che si prospetta una stagione importante per te?
“Lo scorso anno è stato molto impegnativo per me, perché i ripetuti infortuni hanno messo a dura prova il mio equilibrio psico-fisico. Un amore viscerale come quello che ho per il futsal, però, è stato il mio vero trampolino di lancio: dovevo rimettermi in forma per vivere con serenità questa passione, che mi toglie tempo ed energie, ma mi restituisce molto, molto di più! Quest’anno spero di fare bene per i motivi sopraelencati, per ripagare la fiducia della società, ma soprattutto per le mie compagne, che non hanno mai smesso di incitarmi e di crederci insieme a me, anche quando tutto mi sembrava andar male. Non si può scegliere questo sport e delinerare un quadro di obiettivi strettamente personale, perché in una squadra si dividono i dolori e raddoppiano le gioie. “Sundiamàkomai”, recitavano i greci: combattere fino in fondo insieme. Ed io l’ho scritto sulla pelle”.
Hai scelto il numero 11, che un anno fa era in possesso di tua sorella Marlene. Ha in significato particolare per voi?
“L’11 è da sempre il mio numero preferito e non lo avrei mai concesso a nessuno. Ovviamente l’unica eccezione non poteva che essere mia sorella: lei è molto legata al numero 1, ma lo scorso anno era già impegnato. Essendo il numero 11 composto da due 1, e sapendo quanto ci tenesse lei, ho scelto di lasciarle il mio. Quest’anno invece ogni cosa è tornata al suo posto e ne siamo felici entrambe. Tra le tante cose belle dello sport c’è anche questo “rito” del numero, perché, si sa, siamo un cumulo di fisse e scaramanzie. Poi c’è da aggiungere che in numerologia l’11 rappresenta la capacità di vedere oltre le apparenze ed avere molta responsabilità per se e per gli altri: caratteristiche tipiche di un centrale difensivo assieme all’umiltà, che è – a parer mio – il vero motore della crescita per ogni atleta”.
Facendo i dovuti scongiuri, se dovessi segnare domenica, a chi dedicheresti il goal?
“Il goal è una cosa a cui non penso mai, a dirla tutta, perché non è mai stato una mia priorità. Se dovesse arrivare, sarebbe un piccolo momento di soddisfazione personale, ma solo se accompagnato da un risultato positivo della squadra. Per quanto riguarda la dedica, ho una promessa da mantenere fatta un po’ di tempo fa. Ed ora direi di ricominciare con gli scongiuri!”