Finisce con una sconfitta la storia di Colantuono con la Salernitana, un epilogo che il tecnico non meritava, soprattutto per il legame che aveva instaurato ormai con la città. Il Cola si vede costretto a rassegnare le dimissioni con la risoluzione del contratto. Il suo tempo a Salerno finisce qui, con la fine anche del rapporto nel settore giovanile del quale era responsabile, a cavallo tra una panchina e l’altra.
Quello che lascia il Colantuono quater alla Salernitana
La sconfitta di Catanzaro sancisce la fine di un rapporto. Giunta anche un po’ immeritata, c’era da capire solo la modalità, ma la separazione era nell’aria già dal pareggio col Brescia quando i granata erano apparsi sfiduciati davanti ad una squadra coi remi in barca. La gara di Frosinone, per prestazione, il punto più basso della gestione del tecnico romano. Un mordente ritrovato solo nel colpo di coda a Catanzaro. Avversaria costruita per un campionato dignitoso quella calabrese ma che ha dalla sua l’attaccante che la Salernitana non ha (Pietro Iemmello).
I numeri a Salerno
Sono 616 i giorni in cui Colantuono si è seduto sulla panchina più scomoda della Campania. Una posizione di quelle che mangia allenatori a prescindere da presidenti e direttori. Nelle 73 presenze il suo credo tattico però è sempre stato lo stesso, partendo dalla difesa a 3, una forma mentis che non sempre gli ha dato ragione. Vien da chiedersi allora “perché chiamare lui…?”. La prima volta subentrò a Bollini, nel mese di dicembre: fu il solito campionato lotitiano, senza infamia e senza lode, e dodicesimo posto in classifica. Iniziò quindi il successivo con altre premesse, ma i 18 punti in 17 partite, e soprattutto le tre ultime sconfitte consecutive, ne segnarono il percorso.
L’occasione in A e il ritorno in B
Ci fu una pausa di quattro anni prima di rivederlo a Salerno. Accadde quando prese il posto del suo amico Fabrizio Castori, e in un attimo si ritrovò in Serie A. Ma quella granata era ancora la panchina più complicata, questa volta di tutta la competizione. Era un club che, a causa di beghe societarie, non si sapeva se avesse la possibilità di arrivare a gennaio, quindi oltre al campo c’era ben di più da gestire. Nove punti conquistati coi denti, ma l’arrivo di un Iervolino lontano parente dall’attuale (almeno nelle intenzioni) e, soprattutto, dell’ultimo battagliero Walter Sabatini, imponevano scelte in quel momento diverse.
Ma la Salernitana si affidò ancora a Colantuono sul finire dello scorso campionato, quando c’era da salvare la faccia, e non ci riuscì. Il compito era davvero molto difficile con una squadra costruita senza il l’ok del tecnico estivo (Paulo Sousa). In più non aveva mai avuto a sua disposizione il suo attaccante più pericoloso, Boulay Dia. Anche qui, ancora a causa di beghe legate più all’extra campo. Nelle sue nove partite, appena tre punti, ma due di questi contro Juventus e Milan.
Il Cola e il settore giovanile
Panchina a parte si stava prospettando una crescita per il club con il settore giovanile che ora va ‘tamponata’ in qualche modo. Il giorno in cui Colantuono si presentò per il suo terzo mandato disse “Sono un uomo della società” di fatto sanciva l’inizio della fine con la Salernitana. Stava costruendo un settore giovanile che a Salerno mancava da tempo, un lavoro portato avanti con professionisti del settore, per andare a scovare i talenti in giro per l’Italia.
Sfait, Corriere, Fusco, Di Vico (giovane talento sbocciato in casa)… ragazzi venuti su con il contributo di una squadra di operatori, un modus operandi che ora dovrà andare avanti anche senza il Cola. Ma un sentiero già tracciato non può ritrovarsi in una strada senza uscita.