L’analisi su Gian Piero Ventura. Giusta la scelta delle rotazioni a causa degli incontri ravvicinati. Qualche dubbio, invece, sulla gestione dei cambi.
L’analisi su Gian Piero Ventura
A novanta minuti dal termine della regular season, la Salernitana è fuori dai playoff ma, contestualmente, è padrona assoluta del proprio destino. Venerdì, nella gara all’Arechi contro lo Spezia, basterà una vittoria per centrare la matematica qualificazione, a prescindere dai risultati degli altri campi. Ennesima, dunque, gara della verità per la “Banda Ventura”, chiamata al successo per non vanificare quanto di buono fatto in questi mesi. Una condizione che, oggettivamente, poteva essere evitata con un pizzico di coraggio in più in alcune gare ampiamente alla portata. Ultima in ordine di tempo, la gara di ieri del “Nereo Rocco” contro il Pordenone, attuale quarta forza del torneo e ad un sola lunghezza dal terzo posto, attualmente occupato proprio dallo Spezia. Una gara che, ad onor del vero, non ha mostrato sostanziali differenze tra i granata e i Ramarri di Attilio Tesser. La Salernitana, infatti, senza timore di smentita, ha dominato per oltre 70 minuti, non riuscendo, però, ad infliggere il colpo del k.o.
Un pareggio, dunque, bello a metà, che alla fine accontenta soltanto i padroni di casa, matematicamente certi, da ieri sera, di disputare gli spareggi promozione. Giusta, comunque, la scelta degli 11 titolari con ben 7 novità rispetto al tonfo di cinque giorni fa contro l’Empoli. Uno su tutti, l’avvicendamento tra Micai e Vannucchi che, presumibilmente, ha dato nuova sicurezza al reparto difensivo. Giusto non aver caricato di ulteriore pressione il pipelet ex Bari dopo la brutta prestazione e la valanga di critiche ricevute. Un portiere che, è bene specificarlo, sebbene subisca troppi cali di tensione nel corso dei match, resta di assoluto valore e va recuperato per il presente e per il futuro.
L’analisi tattica e la gestione dei cambi
Dopo vari esperimenti più o meno forzati, Ventura è ritornato all’antico, riproponendo il più collaudato 3-5-2. Sebbene la squadra abbia girato discretamente, affidandosi soprattutto sulle giocate in velocità di Cicerelli e Gondo, si sono comunque palesate alcune problematiche “ataviche” mai risolte. Ad esempio, è tornato in auge la frequente, o ostinata che dir si voglia, serie di passaggi tra i tre centrali di difesa che, nell’idea originale, dovrebbe far venir fuori gli avversari e creare gli spazi per gli inserimenti. Se non fosse che, a differenza delle ultime uscite, il palleggio è risultato eccessivamente lento, e dunque facile preda del pressing neroverde. Altro neo, non totalmente dipendente dal tecnico, la mancanza di personalità di alcuni interpreti. Fin dall’inizio del campionato, infatti, sono in pochi a tentare la giocata cosiddetta illuminante, preferendo troppo spesso il passaggio corto e, soprattutto, all’indietro. Un atteggiamento che riguarda in modo particolare Patryk Dziczek, potenziale ottimo playmaker, ma spesso confuso e indeciso sul dafarsi.
Sulla gestione dei cambi, per onestà intellettuale, occorre fare una doverosa premessa già fatta in precedenza. Gli infortuni in serie, i ritardi di condizione e la mancanza di valide alternative in tutti i reparti, spesso e volentieri hanno condizionato alcune scelte. Ventura troppo spesso ha dovuto fronteggiare il problema della “coperta corta”, specie nelle zone nevralgiche del campo. Focalizzando l’attenzione, però, sulla gara di ieri, la scelta di tenere Milan Djuric in panchina per 86′ lascia un po’ perplessi. Dal suo ingresso in campo, la squadra ha costruito due palle gol più o meno nitide che, in fin dei conti, avrebbero potuto regalare un successo più che meritato per ciò che si è visto in campo.
Gli ultimi 90 minuti e un obiettivo alla portata
Ora, come detto, 90 minuti separano la Salernitana dal proprio destino. Nelle ultime ore, i tifosi hanno annunciato la propria vicinanza alla squadra nel tragitto che la porterà allo stadio Arechi per giocarsi “la partita della vita”. Segno evidente, finalmente, della voglia di remare tutti uniti verso un’unica direzione… quella dei play-off. Un obiettivo, a scanso di frasi di rito di allenatore e dirigenti, ampiamente alla portata fin dall’inizio.