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Mondellini (Calcio e Finanza): “Salernitana poco appael per americani”

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Cessione Salernitana, c’è tempo fino al 31 dicembre. Per saperne di più in termini economico-finanziari abbiamo parlato con Luciano Mondellini, direttore responsabile di Calcio e Finanza il primo web magazine italiano dedicato agli aspetti economici, finanziari e gestionali del calcio italiano e internazionale.

Mondellini sulla Salernitana: “Trust lento nelle scelte”

Nessuna proroga. La Salernitana ha “vita” fino al 31 dicembre. Pena l’esclusione dalla massima serie. Tra valore economico e possibile potenziale finanziaro della cessione, Luciano Mondellini, direttore responsabile di Calcio e Finanza racconta ai nostri microfoni il perchè dell’evoluzione USA nel nostro calcio ma soprattutto la questione trust.

Direttore Mondellini secondo lei era giusto (formulare) e accettare questo trust?

«Era una questione che andava risolta questa estate. Si sapeva benissimo questa cosa e come i tanti “ma” del calcio italiano si è prorogata. Anzi, nelle leghe migliori, non appena la Salernitana aveva odore di Serie A partivano gli allarmi. Invece siamo arrivati a questa situazione paradossale. Al di là del caso specifico, mettiamo caso si fosse andato davvero all’eliminazione dei granata, con una massima serie a 19 squadre, ma come si può andare a vendere all’estero il nostro prodotto? Con quale faccia e credibilità? Una brutta figura del calcio italiano che prima accetta di far giocare la Salernitana poi a campionato in corso la mandi via. Già si fa fatica a vendere interessi nostri all’estero poi ci mettiamo anche queste zavorre. Trust un sistema troppo lento per la nostra burocrazia, scelta sbagliata».

In un mondo fatto di numeri, domande e offerte, pensa che il campionato dei granata sta condizionando anche la trattativa della cessione societaria?

«Assolutamente sì. Ormai a meno di miracoli tecnici purtroppo la Salernitana ha un terreno difficile da recuperare. Cagliari e Genoa faranno un mercato virtuoso perchè Giulini è un presidente ambizioso, in Liguria i nuovi proprietari hanno promesso innesti in rosa e devono comunque farsi vedere ambiziosi. Bisogna fare la corsa su due squadre che faranno mercato a rinforzarsi? La lotta salvezza poi quest’anno è corta. Basta prendere qualcuno fuori dalle considerazioni tecniche da Milan, Inter e Juventus e metti in rosa un bel boost, un buon rinforzo. Fare la corsa solo su Spezia e Venezia a questo punto. A questo punto la Salernitana già in Serie B costa meno. Se fai un miracolo sportivo allora la Serie A vale di più, prendi più diritti tv e innesti. Come avere una casa in un quartiere più bello e un’altra in quartiere meno bello».

Dall’estero hanno etichettato il nostro campionato proprio come “disastroso”

«Infatti, Amanda Staveley, proprietaria al 10% del Newcastle con il fondo PCP Capital Partners ha etichettato proprio il sistema italiano come disastroso. Se la Federcalcio e la Lega non riescono a dare regole ben precise, è difficile poi competere con grandi leghe. Alla fine chi sono le vere vittime? I tifosi. Una piazza come Salerno che dopo anni entra in Serie A deve vivere poi queste ansie e queste insicurezze».

Come mai questo appeal americano in Italia negli ultimi anni?

«Per due cose. La prima, negli USA avere una franchigia, quindi una squadra in ogni settore sportivo americano, i primi quattro sport a stelle e strisce, è un prestigio uno status symbol sia di valore che economico. Gli esami che vengono fatti affinchè tu possa prelevare queste squadre sono così approfonditi a livello finanziario che se tu arrivi ad avere questo vuol dire che hai passato tanti esami. Tutto nasce dal fatto che queste società fanno economia e quindi è come se fossi accreditato al salotto buono dell’America del business. In Italia le squadre vengono pagate poco. Il problema è che ci sono troppe leggi, lente e non si capisce chi comanda. Poi ci sono le retrocessioni. Il Parma l’anno scorso è retrocesso e deve risalire. Ma non è così matematico. Gli americani sono allettati dai prezzi bassi italiani poi però si trovano situazioni non facili da gestire. Curioso di vedere il Genoa, se fa mercato o meno, ma rischia la retrocessione. Il vantaggio del rischio è il prezzo basso nostrano».

Gli americano investono sì nel calcio ma cercano altro da una semplice squadra: investimenti sul territorio, indotto ecc

«Premetto che non conosco la città di Salerno, parlo da alieno. Ci sono peculiarità e peculiarità. Ad esempio Venezia, brand da solo, il nome già fa brand. La società si chiamava Venezia Mestre ma adesso è chiamata solo Venezia. C’è Parma ad esempio dove la realtà del territorio aiuta, è una città molto ricca e possiede comunque un blasone, nella sua storia qualcosa ha vinto anche in ambito internazionale. Le società minori dal punto di vista blasone e marchio territorio c’è un lavoro da fare. Voi avete degli spettacoli naturalistici vicini. Ma la Salernitana dal punto di vista brand o localizzazione non è che vende molto. Ha poco appael quindi per un investitore americano».

Quindi l’imprenditore estero vede il brand locale quanto può valere? Ad esempio se stessimo parlando di un Amalfi FC venderebbe di più?

«Praticamente sì. Non voglio creare rivalismi e quant’altro è solo un discorso economico. L’investitore vede quanto può guadagnare anche dall’indotto locale. Compro la squadra, ok, però come posso far nascere un qualcosa intorno che può attrarre sempre più persone? La Roma ad esempio da subito ha cambiato tutto, logo con la sola scritta della squadra, sponsor tecnico, iniziative. A Parigi la squadra del PSG la scritta Saint-Germain non si vede quasi più, logo stravolto senza la classica culla sotto la Torre Eiffel. Esempio nuovo l’Inter, nel vecchio logo c’era tutta la storia adesso IM vednuto anche come I’Milano si possono fare anche discorsi finanziari legati alla moda, ai numeri che si possono fare vendendo. Discorso diverso se qualcuno compra, ad esempio, il Campobasso o realtà minori ma perchè è un ex emigrante che vuole tornare in Italia, legato da movimenti passionali e quindi decide di investire».

Si è sempre parlato di Red Bull e City Football Group alla ricerca di un’esperienza italiana: pensi che un loro progetto possa avere risultati nel nostro Paese?

«Un gruppo italiano che fa la casa madre per l’estero la vedo difficile. Si vociferava di un ToroRosso per il Torino con il granata leggermente sbiadito a favore dei colori della casa austriaca ma sono voci che giravano come con l’Udinese. Se ci sono queste voci vuol dire che il nostro campionato sta perdendo punti. Il City Football Group ha in Manchester la casa madre. Se tu entri in questo loro gruppo saresti un gregario. La Red Bull con il Lipsia ha la casa madre in terra tedesca e così via. Nessuno compra un club però in Premier per fare il gregario. Purtroppo il nostro campionato sta perdendo valore rispetto alle leghe dove vediamo questa competizione. In Italia ad esempio Suning voleva fare questa cosa comprando in Belgio. La percezione fuori del nostro campionato sembra stia perdendo colpi a questo punto».

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