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Tarcisio “La Roccia” Burgnich: “Salerno merita la A”

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Dici Tarcisio Burgnich e per i nostalgici la mente va indietro al campionato 1991-1992 quando fu chiamato da Del Mese e Cannella, allora al timone della squadra ‘satellite’ di Casillo, in luogo di Gianni Simonelli.

Tarcisio Burgnich, la sua Italia e Pelé

Senza “La Roccia” chissà come sarebbe finita per un’Italia stanca dopo la partita del secolo consacrato la Germania ad antagonista di sempre degli azzurri. Oggi abbiamo contattato Tarcisio Burgnich che, con grande simpatia e disponibilità, ha risposto alle nostre domande in esclusiva.

“La Roccia” Burgnich

Burgnich, che fa parte di un calcio romantico come non esiste più, è anche molto altro per l’Italia del pallone: cinque scudetti più una Coppa Italia, poi due Coppe dei Campioni e altrettante Coppe Intercontinentali. Poi: Campione d’Europa nel 1968, vice campione del mondo nella finale di Mexico ’70 e, soprattutto, la sua marcatura a Pelé che segnò, vero… ma era Pelé.

Prima di essere un allenatore lei è stato un calciatore… e che calciatore! Poche squadre ma di quelle buone. A quale è rimasto più legato?

«Certamente all’Inter e al Napoli. A Milano sono stato dodici anni, anni indimenticabili così come i tre a Napoli dove mi sono trovato molto bene in una città stupenda».

In Serie B quest’anno individuare chi salirà sembra un enigma quanto chi lotterà per non retrocedere. Chi vede messa peggio?

«Bisogna rimanere attaccate alle posizioni utili per lottare fino alla fine. Generalmente sarebbe difficile individuare quelle squadre che potrebbero finire anzitempo fuori dai giochi, in questo caso è anche più difficile grazie al grande equilibrio che c’è quest’anno». 

E per la promozione, invece?

«È più o meno lo stesso discorso ma credo anche il Palermo abbia qualcosa in più rispetto alle altre».

Oggi s’incontrano due squadre del suo passato da allenatore, due squadre che allenasti una dopo l’altra. Cosa ricorda di quel periodo a Salerno?

«Di Salerno ho un ricordo meraviglioso. Una città bellissima con un clima favorevole sia per viverci quanto per fare del bel calcio, ricordo lo stadio che era stato inaugurato appena l’anno prima (Italia-Ungheria 3-1, 1° maggio 1991). La tifoseria salernitana poi è unica, è una piazza che merita la Serie A, merita una squadra che le dia questa soddisfazione».

Mandorlini e Colantuono hanno due modi diversi di intendere il calcio. Chi preferisce dei due?

«Sono due allenatori che non conosco in maniera diretta, sono troppo giovani rispetto al periodo in cui ho lavorato io. Posso dire però che vince da sempre chi subisce di meno gol».

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Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino, giornalista, editore e scrittore. Ha lavorato presso Cronache di Salerno, TuttoSalernitana, Granatissimi ed è direttore di SalernoSport24. Alla radio ha lavorato presso Radio Alfa, e attualmente conduce due programmi sportivi a RCS75 - Radio Castelluccio, Destinazione Sport e Destinazione Arechi. Ha pubblicato due libri: Angusti Corridoi (2012) con la casa editrice Ripostes, e La vita allo specchio - Introspettiva (2020) con la Saggese Editori, con prefazione dello scrittore Amleto de Silva.
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