Un’autorità governativa incaricata di verificare i conti delle squadre di calcio e di basket: tanto è bastato per scatenare le reazioni piuttosto allarmate delle istituzioni sportive italiane, in testa la Federcalcio. Tra polemiche, contestazioni e rassicurazioni, proviamo a vederci chiaro.
Novità per il controllo dei conti delle squadre di calcio
Un nodo delicatissimo nei rapporti non sempre idilliaci tra il governo e il mondo dello sport: cosa ne sarà dell’organismo che, nei fatti, dovrebbe esautorare le commissioni incaricate di verificare i conti delle squadre di calcio e di basket?
Il possibile superamento della COVISOC – l’ente di vigilanza della Federcalcio – e della COMTEC, che si occupa invece dei bilanci delle società professionistiche di pallacanestro, ha sollevato polemiche e contestazioni (talora legittime) sulle ingerenze della politica nel mondo dello sport, tant’è vero che lo stesso ministro Andrea Abodi ha annunciato da poco una sostanziale revisione della versione originaria del progetto.
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Una premessa necessaria: non è la prima volta che i governi – a prescindere dal loro orientamento – vogliano dettare l’agenda in materia di politica sportiva. A questo proposito, come non ricordare l’incredibile gestione del dossier Sport e Salute, la società per azioni incaricata di promuovere l’attività di base, che costò un richiamo ufficiale del Comitato olimpico internazionale al governo Conte II, costretto a una clamorosa retromarcia per scongiurare l’esclusione dell’Italia dai Giochi olimpici di Tokyo?
Tuttavia, è altrettanto innegabile che le società di Serie A, oltre che la FIGC e la FIP, abbiano bocciato questa proposta non solo per una questione di principio – la tutela dell’autonomia delle istituzioni sportive, prevista dallo statuto della FIFA e dalla stessa Carta olimpica – ma anche per nascondere le evidenti difficoltà finanziarie di molti club che, con tutta probabilità, non potrebbero iscriversi ai campionati se solo ci fosse un sistema di controlli super partes.
C’è però da chiedersi se la ricetta di Abodi (2,5 milioni di € per istituire l’agenzia, per la quale lavorerebbero circa 30 persone) non sia in realtà il tentativo di sondare il terreno per vedere «l’effetto che fa», come insegna il poeta. Del resto, il suo provvedimento – che sarà discusso a breve in Consiglio dei Ministri – si sovrappone alla più volte discussa riforma dei campionati, terreno di uno scontro altrettanto feroce tra la FIGC e i pesi massimi della Lega di A (Juventus, Milan, Inter e Roma), che chiedono una riduzione dell’organico a 18 squadre.
Il decreto crescita moneta di scambio con i club?
Dunque, l’opposizione al suo progetto – ancorché rivisto e corretto – sarà ancora così netta? Forse. Di sicuro, però, Abodi lavorerà di fino per portare a casa il risultato, magari toccando le corde giuste. Tra queste, ci sono senza dubbio le agevolazioni fiscali, sulla falsariga del credito d’imposta che finanzia e sostiene l’industria nazionale dell’audiovisivo, e la redistribuzione dei proventi delle scommesse sportive. Due aspetti che potrebbero indurre le società più riluttanti a cambiare idea. Del resto, «pecunia non olet», giusto?