Una vita da giramondo: Charles Thomas, arrivato quest’anno a Scafati, ha giocato anche in Libano e in Venezuela prima di scegliere l’Europa. Il lungo gialloblù ci ha concesso questa intervista esclusiva.
Charles Thomas: “Mi aspetto di essere ancora competitivo”
A quasi 35 anni, Charles Thomas ha conosciuto il basket in lungo e in largo: la formazione negli Stati Uniti, la maturità in Europa, in Asia e poi ancora in Europa. Dopo una buona stagione a Ravenna, Thomas è diventato l’uomo d’area della Scafati Basket versione 2020-2021, con cui ha recentemente conquistato la Supercoppa.
Da quest’estate è arrivato a Scafati. Com’è stato accolto dalla piazza?
«Come qualsiasi sfida, questa è un’opportunità per crescere, affrontare un compito impegnativo e avere l’occasione per fare ciò che non si è potuto fare o per recuperare quel che non si è mai fatto».
Tra le tante tappe della sua carriera, ce n’è una che ricorda con particolare piacere?
«La mia più bella esperienze è stata di gran lunga quella che ho vissuto in Israele: ottime persone, gran cibo, tempo gradevole per la maggior parte dell’anno, spiagge, tramonti e una comunità accogliente. Per me questo è un posto fantastico da chiamare “casa” quando sei lontano da casa. Amo la storia e Israele ne ha tantissima».
Fin dall’inizio della stagione, si è sempre spinto in doppia cifra. Si aspettava un simile rendimento?
«Non mi proietto verso una partita con particolari aspettative, se non quelle di giocare al mio meglio in quel determinato momento, di migliorare come giocatore e di crescere come gruppo. Sento che ci sono partite che potremmo vincere e anche gare che considero una grande sfida a livello personale»
Domenica pomeriggio arriva la Lux Chieti. Cosa teme di più degli avversari?
«A tutt’oggi, non posso dire di aver visto Chieti giocare, ma io mi preoccupo che la mia famiglia stia bene oppure delle vicende che accadranno a casa. La pallacanestro è un mondo che frequento per non avere preoccupazioni».
In questo momento storico, quanto incide sui giocatori di basket l’assenza del pubblico?
«Penso che l’assenza di pubblico colpisca in modo diverso molte squadre e tantissimi giocatori. Alcuni hanno bisogno di quell’energia che arriva dal pubblico e dai tifosi, altri portano la loro stessa energia. Quanto a me, nella testa ho i miei pensieri e le mie voci che mi parlano direttamente. Da giocatore non parlo molto sul parquet con gli altri compagni o con gli avversari. perché lascio che il mio impegno parli da solo, ma alla fine del primo quarto ho già cancellato dalla testa il mio avversario e ho sconfitto ciascuno di essi. Devono sapere che sono migliore di loro».
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