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Cardinale: “Chi entra all’Arechi deve farsi il segno della croce”

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Roberto Cardinale, il “Nazionale” che ha indossato per 135 volte la casacca granata, si racconta in vista del prossimo incontro della Salernitana.

In vista del prossimo incontro della Salernitana abbiamo incontrato Roberto Cardinale. Il difensore cresciuto calcisticamente nella Salernitana e che vanta anche una promozione del suo curriculum sportivo, ha anche conquistato la prestigiosa maglia della Nazionale nel suo periodo con il cavalluccio. Ancora oggi, alla soglia dei quaranta anni, il calciatore di Pollena Trocchia si sente orgoglioso di aver indossato quella casacca e di aver vissuto l’amore che Salerno sa trasmettere ai propri beniamini. Noi di SalernoSport24 lo abbiamo ascoltato per parlare con lui del suo passato, del presente granata e della sua passione per il calcio che ancora lo fa scendere in campo la domenica.

Ciao Roberto, grazie per la tua disponibilità. Sei cresciuto indossando la maglia granata. Cosa ti ha dato a livello sportivo ed umano?

“Ciao a tutti e grazie a voi. Sono arrivato a Salerno a 15 anni quindi mi ha formato come uomo e come giocatore in tutto. Ho tanti ricordi del mio percorso in granata per poterne scegliere uno. Ancora oggi quando sono in treno e incontro i tifosi della Salernitana mi rendo conto che hanno gran stima di me e ciò significa che loro hanno dato tanto a me come io a loro, seppur giovanissimo. La vittoria di un campionato con indosso quella maglia equivale a 3-4 vittorie altrove. Il mio percorso a Salerno mi ha fatto raggiungere anche la maglia azzurra della Nazionale quindi significa che è stato un percorso importantissimo per me”.

Di negativo quindi solo la “conclusione” con Lombardi?

“Beh direi proprio di si. Unica parentesi mia negativa è stata quella con il presidente nell’ultimo anno…vedendo poi come è finita l’anno seguente, lasciamo stare. Salerno merita ben altro che certi tipi. E’ una piazza importante, che vive di passione per il calcio e la sua squadra. Un amore così viscerale non l’ho trovato mai da nessun altra parte, eppure di piazze ne ho girate”.

La parentesi con il Perugia subito dopo la prima esperienza in granata cosa ti ha lasciato?

“Sono riconoscente al Perugia perché ho esordito in serie A e anche se per poco ho un ottimo ricordo. Ma resta tale, Salerno è ben altro”.

Cosa pensi di questa Salernitana e dove può arrivare?

“Per ora ho potuto vedere solo spezzoni di partite ma la Salernitana ha un ottimo organico. Il campionato cadetto è lungo ed impegnativo e non sarà per niente facile conquistarsi una promozione ma è la stagione del centenario e deve essere per forza l’anno buono. Già questa estate ho visto l’entusiasmo nel torneo di Santa Teresa con le vecchie glorie…figuriamoci cosa accadrebbe in caso di promozione. I cento anni di storia vanno festeggiati con un grande evento”.

Per le vittorie servono più ottimi singoli o grande gruppo?

“I singoli di qualità aiutano ma sono dell’idea che è sempre la squadra a fare la differenza. Il gruppo gira bene se costruito con un giusto mix di giovani ed esperti ma bisogna soprattutto avere una rosa coesa e anche fare gruppo con tutto l’ambiente per lottare insieme verso l’obiettivo massimo”.

Tu sei partito dalle giovanili quindi saprai come è difficile giocare in un ambiente come quello salernitano e quanto sia dura emergere per i giovani senza essere attratti dalla notorietà e dal soldo facile.

“Quando lo dico mi prendono per folle ma è vero. Giocare nella Salernitana ti dà tanto, ma allo stesso tempo ti toglie. Nel mio piccolo a me è andata bene perché ho fatto bene e sono sempre stato trattato bene. Non è comunque semplice soprattutto da giovani. Ci vuole impegno massimo non solo in campo ma anche fuori per reggere la pressione che dà una piazza come quella salernitana. Io al calcio ho dato tanto e ancora oggi dò tanto. Ho 37 anni e continuo a giocare grazie alla mia caparbietà. La vita non regala nulla, quel poco che ho fatto nella mia carriera me lo sono costruito giorno per giorno scegliendo di fare sacrifici. La parola chiave nella vita lavorativa, non solo nel calcio è “gavetta”. Oggi con le regole under il calcio è penalizzato, iniziando da quello minore a finire al top. Come si dice…il pesce puzza dalla testa. Come dicevo prima ad esempio, il mio raggiungere la Nazionale è frutto del lavoro che all’epoca svolsi nel club, ossia la Salernitana. Indossare quella maglia, ascoltare l’inno, ti regala emozione bellissima ed è una gratifica per il lavoro svolto. Se si vuole arrivare ad una buona carriera e lunga bisogna fare sacrifici. Bisogna avere una vita seria, non bere, non fumare, avere una corretta alimentazione etc. Se si è disposti a ciò si può giocare bene, ovviamente a parte le qualità tecniche, per molti anni altrimenti si fanno scelte di vita diverse e si resta ai vertici per ben poco. Un esempio? Buffon, che è anche portiere quindi fisicamente svantaggiato per lavoro diverso, se ancora può permettersi a 40 anni di giocare a quei livelli è anche per la vita regolare che ha fatto negli anni…non si può dire lo stesso ad esempio di Balotelli, senza nulla togliere alla sua bravura”.

Perché Roberto Cardinale continua a giocare ancora al calcio? E quali sono i suoi obiettivi e quelli della attuale formazione?

“Continuo a giocare perché è ciò che amo fare. Ora sono al Portici in serie D e lavoro con tanti giovani ragazzi. Adulti, per così dire, siamo solo in due. Sono in una società sana e per bene. I nostri obiettivi sono mantenere la categoria e cercare di valorizzare i giovani che abbiamo. E’ un po’ questo il ruolo che abbiamo noi vecchi calciatori, dare messaggi positivi ai giovani e non farli distrarre da altro. Un lavoro che portiamo avanti con un grande allenatore. Mauro Chianese è una persona seria, sincera, leale e che accompagna i giovani “con la manina” in un mondo non certo facile. La nostra mentalità è: lavorare nei dilettanti ragionando da professionisti. E ciò aiuta i giovani a crescere con sani principi”.

Ultima domanda di questa piacevole chiacchierata. Dopo la sosta si torna all’Arechi contro il Perugia. Che partita prevedi?

“Si gioca all’Arechi e come dico da sempre: gli avversari devono farsi il segno della croce prima di scendere sul terreno di gioco. Lo stadio di Salerno con il suo pubblico è più del dodicesimo uomo in campo. Sono loro spesso a buttare la palla in rete senza che la squadra faccia molto. Per il resto la partita con il Perugia va incanalata nel verso giusto da subito ma… Forza Salernitana”.

 

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