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Caja: “Io devo fare l’allenato­re e portare risultati, non faccio campagne elettorali”

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Le dichiarazioni del coach della Givova Scafati Attilio Caja, fresco di un successo storico arrivato domenica contro la capolista Virtus Bologna, fino a quel momento imbattuta. L’allenatore dei campani ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport.

Caja: “Ho fiducia in ciò che posso fare”

Una vittoria che è già nella storia: la Givova Scafati, nella giornata di domenica 11 dicembre, ha superato la Virtus Bologna, capolista, fino a quel momento in testa senza neanche una sconfitta. La squadra occupa, ora, il dodicesimo posto in classifica e viene da tre vittorie consecutive. Ecco le parole del coach dei campani, Attilio Caja, che da quando è subentrato ha cambiato il volto della Givova Scafati, raccogliendo tre vittorie in quattro partite.

Il sì a Scafati

«In estate avevo una offerta mol­to interessante di A2, mi avreb­bero dato carta bianca. Ma ho allenato in A e volevo continua­re a farlo. Poi il presidente Nel­lo Longobardi mi ha chiama­to presto: c’era il tempo per lavorare, quello che piace a me, ed ho fiducia in ciò che posso fare. Soprattut­to, Nello si è dimostrato interventista: “Quanti gio­catori dobbiamo prendere e chi?”, mi ha chiesto. Det­to, fatto: sono arrivati subito Butjankovs ed Okoye».


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Come ha trasformato la Givova

«Ho cercato di convincere i giocatori che, con la mia esperien­za e le loro qualità, se mi avesse­ro seguito ci saremmo presi del­le soddisfazioni. Loro sono stati davvero delle spugne in questo senso. Abbiamo fatto tanto lavo­ro di video, mostrando la parte teorica e tattica nei primi gior­ni, ogni giorno. E’ stato un cor­so accelerato, e loro sono stati eccezionali. Certo, i primi tempi non sono stati facili, perché ci si è trovati di fronte a certe abitudini. Se le cose non vanno bene, le abitudini di certo non sono buone… Per migliorarle bisogna affrontare i problemi e dire le cose in faccia. Il problema più grande? C’era abbastanza anar­chia dentro e fuori dal campo. In un gruppo bisogna rispettar­si non solo negli orari, ma nella preparazione dell’allenamento, nel suo svolgimento, nel come si arriva in palestra e come ci si veste. Si parte da queste piccole cose si arriva poi alla parte tec­nica. La tolleranza di chi maga­ri non ha uno status per potersi confrontare con certi atleti di­venta un problema».

Non più ‘sergente di ferro’, ultimamente sorride in mezzo al campo con i giocatori

«Sorrido a chi se lo merita. Qui non si fanno sconti e nessuno regala nulla. Non vado alla ri­cerca del consenso, non mi in­teressa. Io devo fare l’allenato­re e portare risultati, non faccio campagne elettorali. Okoye, che avevo avuto a Varese, ha dichia­rato di aver accettato l’offerta di Scafati perché sono io il coach, così come Imbrò. Ho mantenuto ottimi rapporti anche con Cin­ciarini e Olisevicius di Reggio Emilia. Ciò che voglio dire è che i giocatori sono più intelligen­ti di quello che la gente pensa. Sanno capire e apprezzare chi hanno di fronte: se tu pretendi il massimo, alla fine il vantag­gio è tutto loro. E ti rispettano di più. E’ vero, qualcuno lo ca­pisce solo a posteriori. Meglio tardi che mai…».

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