In esclusiva per voi, SalernoSport24 ha intervistato Matteo Boniciolli, coach di Scafati. Scopriamo qualcosa di più sull’allenatore triestino.
Matteo Boniciolli in dialogo con noi
Per chi non vive di Pane e Basket, il nome di Matteo Boniciolli potrebbe risultare uno tra i tanti: allenatore di lungo corso con esperienza in nazionale, vincitore di qualche trofeo (tra cui una EuroCup) e poco altro; d’altra parte, chi lo ha sentito dialogare con la stampa e chi ha osservato le sue squadre in campo, si rende conto della ricchezza che quest’uomo ha dato allo sport. La campania, nel particolare, gli deve molto: è storica la sua esperienza sulla panchina della Scandone Avellino, società ormai sciolta. Con Avellino Boniciolli ha vinto una coppa Italia e ha conquistato il premio di Miglior allenatore della Serie A; ma visti i risultati, tutto sembra presagire che il tecnico è pronto a scrivere un’altra pagina importante per lo sport campano, questa volta a Scafati.
La sua carriera colpisce per lo spazio coperto: da Trieste ad Astana, passando per Roma e la nazionale. Cosa le hanno dato queste esperienze, soprattutto quella in nazionale?
«Ho allenato anche negli USA e nel Belgio, a dirla tutta. Sono state tutte importanti. Se io non avessi viaggiato, avrei certamente una visione limitata della pallacanestro e della vita. Io vengo da una terra di inquieti e questa mia inquietudine la vivo molto positivamente. Viaggiare mi ha permesso di confrontarmi e imparare. Cambiare posto, poi, mi ha sempre spinto a cercare di andare a scoprire qualcosa di nuovo»
Le sue conferenze non sono un elenco di dati, numerini o frasi fatte: sono una vera e propria descrizione dello stato d’animo dei suoi giocatori, dei tifosi e del mondo Basket in generale. Mourinho direbbe “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”; Boniciolli direbbe “Chi sa solo di Basket, non sa niente di Basket”?
«Non lo direi solo perché non oso paragonarmi a un genio come Mourinho. Ma sicuramente non ho vissuto la pallacanestro solo in modo numerico. I numeri sono importanti, in uno sport matematico come il Basket: è parte dell’indagine. Ma ormai va molto di moda usare le statistiche e parlare solo di quello senza tenere conto che questo è uno sport praticato da uomini, con tutto il loro portato di emozioni, tristezze, frustrazioni e sogni»
In un’intervista a NBA Passion, lei ha detto che la categoria in cui allenare è insignificante e che l’importante è che le squadre offrano «le condizioni migliori per lavorare». Quali sono queste condizioni per un allenatore?
«Le condizioni sono quelle di avere innanzitutto un assoluto rispetto dei ruoli. I proprietari delle squadre sono persone senza le quali la pallacanestro in Italia non esisterebbe, vero; ma biaogna anche avere la consapevolezza che chi allena è fondamentale nella costruzione della squadra. Uno dei pochi orgogli che ho nella mia carriera è di aver contribuito, nel corso degli anni, alla crescita di moltissimi giocatori. Tra allenatori e giocatori c’è uno scambio assolutamente gratuito: io allenatore cerco di aiutarti e tu fai di tutto per me. Non mi sono mai approcciato a un giocatore come fosse un fazzoletto di carta, ma in un percorso che possa portarlo a essere la migliore versione di se stesso. Alessandro Gentile lo sa, erano anni che speravo di allenarlo. Ho avuto la fortuna grazie a Scafati di farlo e di trasformarlo in playmaker. Ci sono margini per farlo giocare stabilmente da numero uno»
Scafati le avrà dato le migliori condizioni per allenare, visti i risultati. I play-off sono una possibilità concreta. Cosa vi manca, oltre il risultato, per conquistarli?
«Non so se ci manca, ma quello che verificheremo nelle prossime partite – dove tutte le squadre lotteranno per un obiettivo – è di saper vincere in trasferta. Abbiamo lavorato molto e duramente durante questa pausa, con un richiamo atletico molto significativo. Credo che il mio compito è quello di prospettare scenari ai giocatori; il compito dei giocatori è far di tutto per arrivarci. Non è detto che arriveremo ai play-off perché la competizione è forte, ma già la consapevolezza di poterci arrivare ci rende tutti partecipi di un obiettivo difficile e importante. Questo obiettivo ci coinvolge tutti. Io credo che il miglioramento della Squadra in trasferta sia la chiave per i play-off»