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L’arbitro, ruolo che non viene mai valorizzato: 17enne donna insultata

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L’altro ieri, in un campo di calcio della Sardegna, l’arbitro era una donna di 17/18 anni. Piccola, giovanissima. Dirigeva una partita tra ragazzi di 13/14 anni. Non proprio la Champions League, insomma. Come spesso sono “costretti” i giovani direttori di gara che si apprestano a inseguire un sogno, viaggando per il paese e dirigendo partite assurde in campi al limite della praticabilità.

Mandati allo sbando e insultati oltre ogni limite: la storia di una 17enne arbitro

Era da sola: niente guardalinee, niente assistente d’area, niente VAR. In queste partite è sempre così. Un mestiere difficile, e ingrato. Il pubblico di casa le ha detto di tutto. Di tutto. Specialmente le mamme dei ragazzi in campo. Le hanno urlato imbecille, stupida, incapace, addormentata. L’hanno invitata ad andare a fare l’uncinetto, le hanno gridato di non tornare. Lei, sorda a tutto, in mezzo al diluvio, ha continuato a fare il suo dovere e ha portato a termine il compito. Ci vogliono due palle così per affrontare trecento persone sbavanti, strepitanti, spoglie di ogni civiltà residua.

E non perché magari ha espulso quattro giocatori ingiustamente o ha negato sei rigori chiari come il sole. No, la partita è filata liscia. E in ogni caso, bisogna avere le pigne in testa per insultare una ragazzina in quel modo. E allora, perché? Perché in Italia funziona così.

Perché l’arbitro, in qualunque campo e ad ogni livello, viene insultato a prescindere. Qualsiasi sia l’età e il sesso. E pensare che senza di questi giovanissimi arbitri, le partite non si potrebbero disputare! Qualche settimana fa, uno (18 anni circa) è stato scortato fuori dallo stadio. Per non parlare delle partite nei “paesi” dove l’unico “sfogo” cittadino è dare contro l’arbitro la propria frustrazione. Papà, mamme, zii e nonni. Tutti sono i convocati al massacro e umiliante incontro di “caccia all’arbitro” e questo vale per una partita di pulcini, passando per gli allievi fino a raggiungere le categorie under.

E’ facile creare le designazioni per i ragazzi che vanno a svolgere la propria passione inseguendo un sogno. Un pò meno seguire e soprattutto tutelare queste figure spoglie e sole in questo mondo sempre più allo stato brado a tutti i livelli.


Il servizio delle Iene sul caso Elena Proietti

Elena Proietti, la donna arbitro che è stato picchiata selvaggiamente sul campo, racconta a Nicolò De Devitiis. Dopo il ricovero in ospedale, l’associazione arbitri Aia le ha ritirato la tessera.

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