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Aniello Aliberti: “Dopo quel giorno nulla ebbe più importanza”. E sui romani…

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Salerno è una città che sa guardare avanti, ma quando deve fermarsi a ricordare, lo fa con compostezza. Oggi vent’anni senza Ciro, Peppe, Simone, Enzo. Abbiamo deciso di contattare Aniello Aliberti.

Aniello Aliberti in ESCLUSIVA a SalernoSport24

Nel giorno più triste dell’anno abbiamo la persona della quale la Salerno calcistica ha più nostalgia, Aniello Aliberti. L’ex presidente della Salernitana parla con noi con il cuore in mano del momento più difficile della sua vita da presidente dei granata, da membro ormai onorario della città di Salerno.

Chi è Aniello Aliberti

Imprenditore di San Giuseppe Vesuviano, dal 1999 al 2002 ha ricoperto la carica di amministratore unico di Agria Spa, azienda agroalimentare di famiglia. Dal ’94 al timone della Salernitana Sport che ha condotto per dalla B alla A, fino poi al fallimento, a suo dire pilotato dalle alte sfere, del 2005. La “sua” Salernitana poterà sui gradoni dello stadio “Arechi” 28mila abbonati nel massimo campionato 1998-1999, settima in Serie A per numero di fidelizzati. 

Oggi è una di quelle date che non si vorrebbe mai ricordare a Salerno. Lei come visse quel giorno?

«All’indomani della sconfitta di Piacenza andai a Milano per passare lì tre giorni. C’era tanta amarezza, quel che stavamo vivendo sembrava il peggio che potessimo sostenere in quelle ore. Salerno non meritava un tale scippo. Ricordo che iniziarono ad arrivarmi delle telefonate in cui mi davano informazioni, anche molto confuse. Solo con il passare delle ore la vicenda iniziava a prendere la sua reale forma, la forma della tragedia. Dopo nulla ebbe più importanza».

Lei, come il sindaco di una città è il primo cittadino, da presidente della Salernitana era il primo tifoso. Ma da primo tifoso avvertiva anche un po’ il senso paterno per quelli che in fondo erano ragazzi?

«Qualcuno era poco più che un bambino. Sicuramente sì. Quando si va in trasferta accadono tante cose e si spera sempre che vada tutto bene, e si torni incolumi a casa. Poi abbiamo conosciuto le famiglie, mentre quella di Simone già la conoscevamo con il papà Giovanni. Tante volte ho pensato che magari, se la Salernitana non avesse subito i torti che, invece, ha sopportato, ci saremmo salvati prima. E, magari, tutto quel casino non succedeva… morire per un vedere una partita di calcio, non si può».

Sicuramente ma non dimentichiamo che il calcio è uno Sport e la delinquenza è ben altro. 

«Certamente».

Lo striscione della ‘Banda Bassotti’. A distanza di anni, ripensando a quell’ultimo anno alla guida dei granata, come sta?

«Sicuramente l’amarezza resta. È come se qualcuno avesse deciso che quel 2005 dovesse essere l’ultimo campionato con la nostra proprietà alla guida del club, e in città si sentiva una sola cosa “Se ne deve andare da Salerno“. Faceva male senz’altro, ma la Salernitana per me era molto di più. Se non me l’avessero scippata, mai l’avrei mai lasciata. Quello che siamo stati in grado di fare, non l’ha fatto nessun altro. Per cui è facile ricordare con nostalgia anche quei brutti periodi perché ciò che c’è stato dopo non è paragonabile ai nostri dieci anni a Salerno».


salernitana-banda-bassotti


C’è una frase gira per la città negli ultimi giorni. Dissipiamo il dubbio? Lei e Mezzaroma insieme: 51% lei, 49% Mezzaroma. 

«(ride di gusto, ndr) Che fantasia! Non la venderanno mai. E seppur fosse, non la dividerei con nessuno». 

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Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino
Lino Grimaldi Avino, giornalista, editore e scrittore. Ha lavorato presso Cronache di Salerno, TuttoSalernitana, Granatissimi ed è direttore di SalernoSport24. Alla radio ha lavorato presso Radio Alfa, e attualmente conduce due programmi sportivi a RCS75 - Radio Castelluccio, Destinazione Sport e Destinazione Arechi. Ha pubblicato due libri: Angusti Corridoi (2012) con la casa editrice Ripostes, e La vita allo specchio - Introspettiva (2020) con la Saggese Editori, con prefazione dello scrittore Amleto de Silva.

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