È stato uno dei difensori della salvezza prima e della magnifica cavalcata alla promozione in massima serie poi. Un perno della difesa granata in serie A con 31 presenze ed una rete. Era il 31 gennaio del 1999 e la formazione di Rossi incontrava il Milan a San Siro; dopo sette minuti dal pareggio di Giampaolo ci pensò il difensore di Ardea a mandare in vantaggio la Salernitana e in estasi i suoi tifosi. Un gol però che, alla fine, non portò punti a Salerno viste le successive reti dei rossoneri. Resta la soddisfazione di aver segnato il suo unico gol in massima serie con la maglia della Salernitana che tanto ha amato e ama ancora. Stiamo parlando di Alessandro Del Grosso. Abbiamo contattato l’attuale allenatore del Lanciano per un ricordo del suo ex compagno Masinga che purtroppo non è riuscito a mettere a segno il gol più importante, quello che doveva sconfiggere la malattia che lo affliggeva da tempo.
Grazie per la disponibilità mister… Hai incrociato Phil Masinga sia a Salerno che a Bari, che ricordi hai del calciatore e qualche aneddoto particolare che ti lega a lui?
“Grazie a te per il tempo dedicato a me nel ricordo di Masinga. È vero, sono stato uno dei pochi che ha giocato con lui sia a Salerno che Bari. Non sono di certo io a dover ricordare che calciatore fosse Phil…era un ottimo giocatore, un po’ lento ma molto bravo tecnicamente e forte fisicamente; di testa era difficile che qualcuno potesse essere alla sua altezza, i difensori facevano molta fatica a fermarlo. E’ stato un trascinatore anche per la sua Nazionale, portando il Sud Africa al Campionato del Mondo nel ’98. Ricordi ne ho molti, in particolare quando ci siamo ubriacati. Dopo la partita che valse la salvezza uscimmo per andare a prendere qualcosa da bere, ma, tra virgolette, doveva essere un cocktail analcolico invece alla fine, all’una e mezza due, ci son dovuti venir a riprendere perché non ci trovavano più, ci eravamo ubriacati e non sapevamo neanche dove eravamo – ammette sorridendo – ma noi eravamo astemi quindi è bastato poco. Un altro ricordo che ho e che lui parlava molto veloce e spesso gli capitava di tartagliare e non riusciva più ad esprimersi ed io per prenderlo in giro gli dicevo di cambiare posizione per prendere meglio il segnale, questo mio bonario sfottò lo faceva arrabbiare molto”.
Che ricordi hai di quel gruppo e di quella Salernitana?
“Quel gruppo e quella Salernitana resterà sempre nei nostri cuori. Era un gruppo eccezionale dove venivan prima gli uomini dei calciatori. Qualsiasi problema ci fosse all’interno dello spogliatoio, fosse anche con il magazziniere, lo affrontavamo senza nasconderci e senza magagne. Eravamo tutti calciatori che in campo mettevano avanti l’uomo e si rispettavano”.
Il pensiero sulla tifoseria granata e qualche ricordo che ti lega particolarmente?
“La tifoseria granata è qualcosa di eccezionale. Quello che ti lega a loro non è un momento o una frase rivolta al singolo, in questo caso a me, ma è il contesto che ti fa partecipe, che ti fa capire che loro ci sono e che finché noi eravamo dentro loro erano lì a gioire, a combattere e prendere anche le delusioni insieme alla squadra. Molti giocatori di oggi non accettano neanche una, tra virgolette, piccola contestazione. Ma la tifoseria granata è questa, è di cuore ed è una delle poche tifoserie del sud che mi ha fatto venire i brividi”.
Arriviamo ad oggi… La Salernitana aveva iniziato bene il campionato poi il crollo. Da allenatore, pensi sia giusto in questi casi il cambio tecnico o sarebbe meglio trovare altre soluzioni?
“È vero ha iniziato bene però il campionato di serie B è difficile e lungo e qualcuno forse si è adagiato troppo presto. Ho visto che c’è stato il cambio di allenatore e secondo me un allenatore come Colantuono ha avuto gli attributi di lasciare capendo forse che mentalmente i suoi uomini non riuscivano più a prendere o forse lui non riusciva a trasmettergli quel qualcosa di più per arrivare al risultato. Si è messo da parte per il bene della squadra, cosa che difficilmente qualcuno fa attendendo l’esonero per continuare a percepire l’ingaggio”.
La tua esperienza a Lanciano e progetti futuri?
“La mia esperienza a Lanciano è iniziata quattro anni fa, quando era in serie B, facendo parte del settore giovanile. Sono tornato perché il presidente mi ha chiamato mostrandomi un progetto ambizioso, quello di riportare la squadra e la città nel calcio che conta. Abbiamo già vinto due campionati, il 2018 abbiamo stabilito il record italiano di reti segnate, ben 120, e quindi son tornato per cercare di portare la squadra fra i professionisti. Sono tornato scendendo di categoria dopo aver perso la finale play off con l’Agnonese, squadra molisana, per un solo pareggio. Ho voluto però abbracciare questo progetto a lungo termine e ce la stiamo mettendo tutta. Per ora è così, in futuro si vedrà”.
Ti piacerebbe allenare a Salerno pur conoscendo le difficoltà della piazza?
“Allenare a Salerno non è facile ma è come allenare la Juve, ci verrei di corsa. Ci ho giocato e so cosa vuole la piazza. Sicuramente non mi tirerei mai indietro davanti ad una società come questa pur sapendo tutte le difficoltà possibili e immaginabili ma affronterei tutto e le scavalcherei tutte. C’è stato già un ex allenatore ed anche ex calciatore, Roberto Breda che ha fatto bene perciò verrei di corsa da questo momento”.
Un saluto ed un messaggio ai tuoi ex tifosi che ancora oggi ti ricordano con affetto.
“Più che un saluto mando un abbraccio grande, grande, a tutti i tifosi della Salernitana; non solo a quelli di Salerno ma anche a quelli che sono in tutta Italia che ho conosciuto ogni volta che andavamo a giocare fuori, ce n’erano tantissimi in ogni città. Dico loro di continuare a tifare con il cuore la loro squadra e di portare in alto il nome della Salernitana sia in campo che fuori”.