A Tor Marancia, zona popolare di Roma Sud, ricordano ancora un ragazzo, Agostino Di Bartolomei, poco incline al sorriso, silenzioso ma tosto e determinato. Con una grande passione che ne divorava i pensieri e le scelte. Amava il calcio sopra ogni cosa e voleva migliorarsi continuamente. Sapeva di avere un talento, ma che a certi livelli il talento non basta più. Non che in campo fosse particolarmente veloce, ma potente con la palla tra i piedi, senz’altro sì. All’oratorio di padre Guido nella chiesa di San Filippo Neri c’è ancora qualche segno delle sue sventole su punizione. Parlava poco, in effetti, ma quando c’era da agire era sempre il primo a farsi sotto.
Addio Agostino Di Bartolomei, o semplicemente Ago
Era nato l’8 aprile 1955. Ago o DiBa rimane a tutt’oggi per i tifosi romanisti un’icona con tanti punti di sospensione. Punti che la sua morte non ha aiutato a rimuovere.
Nell’ultima da professionista contribuì al raggiungimento della storica promozione della Salernitana in serie B dopo 23 anni d’assenza, con la fascia da capitano al braccio. Dopo avere chiuso con il calcio giocato per ogni ex scatta l’horror vacui nel pianificare il proprio futuro. Inizia come opinionista alla RAI, poi apre una scuola calcio a Castellabate per stare con la famiglia, la moglie è originaria di San Marco di Castellabate.
C’è un’unica cosa certa: una mattina di fine maggio 1994, 39 anni compiuti da poco, affida i suoi ultimi momenti ad una Smith & Wesson. In quel momento non è più il capitano della Roma campione d’Italia è il vice campione d’Europa, non è più il capitano della Salernitana. È soltanto Agostino Di Bartolomei, pensieri disperati lo assalgono e lo portano in luoghi troppo cupi per essere sopportabili. Indietro non si torna, e non restano che migliaia di persone che lo piangeranno per sempre.